Dove si enarrano la gloria et li accidenti de le “parrocchie”

Il 18 aprile del 1948 le elezioni nazionali diedero la vittoria schiacciante alla Democrazia Cristiana (e minori alleati) in un momento storico drammatico e destinale.
Dall’altra parte c’era il Fronte della sinistra egemonizzato dal PCI. Lo scontro – a cui guardavano con interesse dichiarato le potenze dell’occidente atlantico – fu durissimo; con i vincitori si schierarono tutte le forze cattoliche e religiose con spirito di Crociata: Luigi Gedda con i suoi Comitati Civici mobilitò religiosi, associazioni, intellettuali e… naturalmente Parrocchie.

Il Fronte delle sinistre aveva (e avrà a lungo) anch’esso una poderosa organizzazione di sezioni, circoli, Case del Popolo e Feste dell’Unità: le “parrocchie rosse”. Di questa seconda rete organizzativa oggi non rimangono che vestigia assai diradate -per il programmatico abbattimento di ogni organo intermedio di rappresentanza.

Le Parrocchie propriamente dette – cioè le cattoliche- sono sopravvissute in virtù di una storia millenaria e di una destinazione anch’essa di respiro millenaristico; e sono tornate a schierarsi uniformemente e combattivamente come non le avevamo viste da allora.

Tutte con Bergoglio.

Tra tutte le oltre venticinquemila, in cui sono articolate, solo tre individualità personali hanno osato distinguersi con coraggio, ma sono state subito ricondotte all’ordine con scomuniche, sospensioni, allontanamenti.

Inutile girarci intorno: rispetto alla stretta autoritaria e repressiva che il “potere” attua da due anni, facendosi scudo della cosiddetta “pandemia”, abbiamo registrato da quel mondo solo dimostrazioni di zelo e uniformità. Vero è che la stessa subalternità (ma meno dichiarata, più ovattata di “omissis”, più ammantata di buone intenzioni) avevano dimostrato verso il propedeutico fenomeno dell’Euro/Unione Europea: sottoinsieme (con le sue politiche deflazionistiche di impoverimento) del più dirompente ed esteso fronte del globalismo.

Quindi oggi tutti i parroci-come soldatini -schierati a difendere, e con zelo- mascherine, distanziamento e, naturalmente, vaccini.

Un esercito di militanti e attivisti pronti a “benedire” ogni dolorosa, reazionaria, repressiva misura governativa; senza indugio, senza risparmio e –quel che più duole- senza il beneficio del dubbio. Ricordiamo: a fronte delle tre nobili eccezioni (di cui è giusto e pio tacere i nomi) perseguite e punite si esibisce una compattezza veramente “gesuitica”; tutti i Don Abbondio (talvolta un po’ soporiferi, un po’ “scaciati”) diventano scattanti come “Balilla.

Senza dubbi, dicevamo: mentre scriviamo, Bergoglio, sia pure indirettamente e implicitamente, sancisce la valenza del vaccino come verità di fede: non possono assistere alla sua messa (minuscolo? maiuscolo?) i non vaccinati.

Ma è solo l’ultima tappa della direttrice di un piano inclinato già da tempo visibilissimo: riguardo al quale vale la pena di distinguere il livello teologico-dottrinario e quello politico-organizzativo.

Per il primo sono state evocate accuse esplicite di eresia: la Pachamama sugli altari ha agito come irreparabile profanazione, la sostituzione dell’acqua benedetta nelle acquasantiere con del disinfettante è apparso come negazione del sacro ma, soprattutto, il gel sull’altare al contatto dell’Eucarestia è innegabilmente e “scandalosamente” la negazione della Transustanziazione, nel momento in cui si insinua che un agente chimico ne possa correggere le “distorsioni”.

Tutto, ma proprio tutto è stato accettato, giustificato e lodato per la “maggiore gloria” del sacro vaccino… senza vacillare nemmeno di fronte alla insuperabile contraddizione degli aborti il cui utilizzo è emerso nella filiera della produzione.

“AD MAIOREM PHARMAE GLORIAM”

Quanti sono stati i fedeli che, riguardo a tutto ciò, hanno espresso (!) perplessità, dubbi, dissonanze?  Ripeto: quanti?

E la coerenza e saldezza nella fede dove sono finiti?

A livello politico-organizzativo poi vale la pena di ricordare di quale forza concreta disponga la rete delle parrocchie: ogni più piccola sede –capillarmente distribuita- usufruisce (a spese della comunità?) di spazi con relative utenze (per incontri, assemblee…), servizi, fondi (anche da  raccogliere all’occorrenza); insieme a una facoltà di megafono e di diffusione di messaggi suscettibile di rispetto e  attenzione che lo status di ministero del culto in ogni contesto attribuisce  e garantisce.

In termini sociali e ideologici come vengono spesi tali talenti?

Nella difesa degli ultimi, intesi come minoranze sofferenti a vario titolo, nella carne e nello spirito? Si risponde che proprio la recente attenzione ai diritti dei LGT e la cultura dell’accoglienza verso i migranti ne sarebbero la prova così come durante la guerra (II) in non pochi casi ebrei e politici di opposizione sono stati accolti e protetti all’interno di sacre mura…

E i diritti delle altre minoranze?  di chi ha combattuto per difendere da un mondialismo rapace le popolazioni autoctone? di chi oggi contesta la deriva di un regime repressivo-totalitario, e di chi, sulla base di argomenti scientifici, discute e controbatte il dogma-vaccino?  Nulla!  Solo stigma, condanna, esclusione…

E chi è che combatte per i diritti, la libertà, l’umanità? E i “fedeli” come possono assistere a tutto ciò con sottomissione silente, conformistica acquiescenza, pavida indifferenza?  Con omissione di soccorso in sostanza, visto che, sì, il peccato di omissione rimane un peccato.

Di fronte all’evidenza di tutto ciò si fa un grande sforzo a rimuovere l’accusa (certo cattiva, certo generalizzata) che in fondo la politica dei cattolici “è l’ultimo rifugio dei vigliacchi”.

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