Il mondo che conoscevamo è destinato a sparire, a non tornare mai più.
Dobbiamo imparare a ”considerare perduto ciò che è perduto”.
Le strutture che reggevano la nostra convivenza sono tarate irrimediabilmente e condannate a consunzione finale: il sistema del welfare, i diritti delle carte costituzionali, il sistema dei valori e delle relazioni umane. Chi può credere che possano tornare come prima?
Il futuro sarà una cosa nuova, tutta sconosciuta e diversa.
Il futuro dovrà interamente essere ideato e costruito da noi.
E’ come quando ci si imbarca e si lascia la terra alle nostre spalle, terra dove sappiamo che non si tornerà mai più.
Siamo a questo punto in MARE APERTO: ovunque si guardi non si vede alcun approdo ma solo mare.
“Era già l’ora che volge ‘l disìo ai naviganti e intenerisce il core lo dì ch’han detto ai dolci amici addìo”. E’ inevitabile la nostalgia di ciò che si è lasciato: è umano, naturale.
E allora? Allora la situazione, e la sensazione, è quella descritta nel libro secondo dell’Eneide: una grande potenza è caduta, una splendida civiltà annientata. I superstiti sconfitti sono spinti dal destino a vagare in cerca di “lontani esili e terre sconosciute”.
Il senso dell’inedito.
Dobbiamo costruire una nuova sede “dove fermarci”.
Come si fa? Come fondavano gli antichi una nuova città?
Prima di tutto e al centro di tutto si scavava una “fossa di fondazione”:
in latino condere significa sì “fondare” ma letteralmente vuol dire “nascondere”. E come il seminatore affida alla terra il suo bene più prezioso per il futuro, il seme, così i nuovi fondatori nascondevano nella fossa residui e reperti che appartenevano loro: primizie di messi e manciate di terre da cui variamente ciascuno proveniva.
Ognuno offriva come fondamento parti del proprio essere e della propria esperienza.
Così faremo noi.
Ci sarà un mare tra noi e il passato ma si butterà forse via tutto? NO
Porteremo con noi le eredità che saranno sopravvissute ma solo quelle.
E di vario tipo: ideologiche, religiose, culturali (memorie e storia), naturali (sangue e terra), tecniche e artistiche.
Non sarà facile, è un esilio. Lungo la strada molti si perderanno.
Dovremo riempire di senso laddove tutto è stato vanificato.
Le foglie disperse dal vento la Sibilla non le rimette a posto…Lo dovremo fare da soli.
Un’analisi lucida riscontrabile da due elementi: la semplicità, tipica caratteristica della verità è necessariamente E inevitabilmente la profondità emozionante del pensiero