MESSA DA REQUIEM: L’IPERBOLE DEL CONSENSO, OVVERO COME LA SINISTRA ITALIANA È DIVENTATA IL CANE DA GUARDIA DEL LIBERALISMO

All’interno del dominio coloniale liberalista, espresso attraverso forme di controllo dirette, come la UE e gli altri organismi sovranazionali, ed indirette come il politicamente corretto, non c’è spazio per la casualità e, conseguentemente, tutto è causalità, ossia disposto per un fine preciso.

Fingiamo, perché il discorso sarebbe in realtà ben più ampio e complesso, che il predominio dell’anglosfera, semplificabile come americanizzazione dell’occidente, ovvero dei perdenti del secondo conflitto mondiale, abbia avuto inizio, per l’appunto, da quel momento esatto.

Una considerazione balza subito all’occhio: perché non ha originato, da subito, nessuna opposizione? Perché nessuna forza si è mai qualificata, politicamente, rivendicando la sovranità di una nazione rispetto agli accordi intercorsi a partire dal tradimento di Cassibile? Perché nessuna organizzazione politica ha fatto propria questa battaglia fondamentale? La risposta è ovvia, semplice, banale ma non scontata: tutte le forze politiche, tutte nessuna esclusa, si sono rese colpevoli di complicità con la colonizzazione americana ed ogni singola particella partorita dopo Cassibile è figlia di quella colonizzazione, ogni singolo esponente politico che ha preso parte alla “ricostruzione” è complice di quello scempio.

Tutti hanno tradito, al di là delle belle parole, degli scritti infiammati di ragionamenti meravigliosi e, almeno in parte, condivisibili, tutti coloro che abbiamo trattato come padri della Patria hanno, in realtà, contribuito, (loro malgrado?), a porre le basi per la colonizzazione liberalista che avrebbe portato al totale assoggettamento, politico, sociale, culturale ed economico, del nostro paese. Lo hanno fatto in cambio di benefici, di un ruolo nella storia dei vincitori, di privilegi, di prestigio personale…se fossero o no in buona fede, è indeterminante, a noi tocca esaminare i fatti e la dietrologia è poco interessante quando si giudicano gli accadimenti ed i risultati che da essi scaturiscono. È opportuno non tener assolutamente in conto le insopportabili filippiche su “necessità” e “scelte obbligate”, ritenendo che la sottomissione e la codardia non costituiscano né una virtù né un valore. Chi si accontenta di celebrare la modestia intellettuale dei collaborazionisti della dittatura liberalista, lo faccia pure, purché i responsabili non vengano accumunati a figure della risma di Gramsci, Gentile o Croce, e restino nell’alveo della mediocrità.

Ora, la sinistra e la destra muovono da queste premesse, sono due forze politiche che avendo tradito totalmente i loro principi fondanti, il comunismo del Programma di Milano ed il fascismo del Programma di San Sepolcro, si sono trasformate in vassalli del liberalismo, ognuno col proprio ruolo, ben distinto, da giocare all’interno della farsa politica inscenata a livello amministrativo, istituzionale, economico e sociale.

Un gioco delle parti, tutt’ora in atto, che ha contribuito a dare un’aurea di bipolarismo ai regimi dittatoriali che si sono alternati, perpetuando la finzione di democrazia, per dare seguito all’ambizioso disegno liberalista che prevede l’adeguamento totale a quei principi. Ogni passo è stato compiuto in quel senso ed andava esattamente in quella direzione, inutile scandalizzarsi e sdegnarsi, senza la complicità dell’itera classe politica non ci sarebbe stata vittoria. Ognuno ha interpretato al meglio il proprio ruolo. In ogni finzione, che si voglia mettere in scena, ci sono i protagonisti, i co-protagonisti, gli antagonisti e le comparse, e, è bene ricordare che, ognuno di loro, è fondamentale affinché la trama si compia, indipendentemente dal fatto che sia come commedia, tragedia o farsa.

Solo partendo da questi presupposti si può capire quali siano state le dinamiche che hanno portato due forze, assolutamente anticapitaliste nei loro programmi fondanti, a mutare indegnamente la loro natura, pervertendosi fino a dare vita a due entità che sono diventate i garanti dell’americanizzazione ed i più strenui e fedeli difensori della colonizzazione. Se tale è il destino del PCI e del MSI, comprese tutte le mutazioni genetiche e le scissioni succedutesi negli anni, non distante purtroppo, è il destino delle forze estraparlamentari di derivazione “comunista” o “fascista”.

Analizzando storicamente gli eventi, è chiarissimo che la deriva della sinistra italiana, rappresentata dal PCI, il PSI non è neppure da considerare in questo ragionamento, inizia, subito dopo la morte di Gramsci, con Togliatti che, se nel 1936, durante l’interregno come segretario del PCI dell’ignoto Grieco, ed un anno prima della morte dello stesso Gramsci, stila il famoso, quanto discusso, appello “Ai fratelli in camicia nera”, lucido, chiaro, incontestabile, nel volgere di qualche anno, compie una giravolta vertiginosa ed agisce tanto diversamente da accelerarne la sua metamorfosi. Svolse un ruolo fondamentale, sia in campo nazionale che internazionale, anche all’interno dei governi che succedettero la caduta di Mussolini, nell’imprimere la svolta “riformista”. Il dado era tratto, evidentemente quello è stato il momento in cui tutto si è trasformato dando inizio alla svendita ideologica: il PCI, da nemico del grande capitale, decide di entrare nella fastosa farsa e vivacchiare alleandosi ad esso, iniziando così a svolgere il suo ruolo di cane da guardia del liberalismo. Questo dato di fatto, storicamente incontrovertibile, è utile non solo a capire le traiettorie del terzo partito comunista al mondo ma quelle, ad esso legate, sebbene sembrino antagoniste, delle miriadi di organizzazioni che da quel retaggio furono partorite: tutte partivano da lì e, di conseguenza, seguirono, quasi inconsciamente, la stessa parabola discendente, ovvero nessuna di esse ha mai messo in discussione quella scelta scellerata, reclamando, per sé, un ruolo diverso all’interno della storia. La continuità nelle apparenti scissioni.

Gli anni sessanta furono gli anni della nascita di un’altra sinistra, che voleva, almeno formalmente, smarcarsi da quella parlamentare e che da essa venne perseguitata e ghettizzata, a vedere con il senno di poi, purtroppo sembra evidente che quasi tutti i tentativi organizzativi che ebbero luogo in quegli anni, fossero operazioni di gate-keeping create ad hoc appunto per contenere il dissenso, la storia si ripete, e per reprimerlo. Quelli furono gli anni della “lotta” per i “diritti cosmetici”, i soli propugnabili dal liberalismo, e tutta la sinistra ci si tuffò a pesce: totalmente ignara di cosa era successo e di quanto stesse accadendo, si rese protagonista dell’effimero, abbagliata dal potente faro di una rivolta passeggera, destinata ad approdare alla sedazione per omologazione e alla messa in atto della prima forma stringente di controllo e repressione del dissenso, la Legge Reale, nel 1975, che, non a caso, fu, a distanza di un quinquennio, seguita dalla Legge Cossiga che fu varata agli inizi del 1980.

Dalle “lotte” di quegli anni, quelli che Capanna definì “formidabili”, prese il via il così detto “progressismo” che ha caratterizzò tutte le “battaglie” di quella sinistra, definita estraparlamentare che, ammantandosi di qualche concetto economicistico preso in prestito dal marxismo, ne ha tralasciati, proprio perché scomodi e non funzionali al liberalismo, altri fondanti come, solo a titolo esemplificativo, il concetto di “valore di scambio” e “valore d’uso”. È stato da questo punto in avanti che, anche quella sinistra, dopo aver accantonato la messa in discussione del dominio, non tanto economico quanto sociale e culturale, del capitale, che i “diritti cosmetici” non scalfivano, facilitandone, anzi, il predominio, ha iniziato la lenta marcia verso il suo appiattimento sul politicamente corretto. Femminismo di facciata, “lotta al patriarcato”, delegittimazione della famiglia, dissoluzione dei legami, pacifismo asettico, sradicamento, ecologismo… Semplicemente, all’epoca, nessuno si rese realmente conto di quanto stesse accadendo, la prospettiva di un facile sol dell’avvenire conquistato a suon di riforme aveva abbagliato tutti gli appartenenti a quella massa catalettica, perché coloro che tenevano i fili sapevano bene dove volevano andare.

Le altre forze erano già tutte schierate. È importante ricordare, a tal proposito, che sarà la destra cattolica ad invocare il referendum sul divorzio, e credere che si sia trattato di un caso di errore di calcolo, sarebbe un’ingenuità politica.

Altra annotazione importante da rilevare è che molti degli ideologi di quella sinistra, e dei loro epigoni, hanno avuto spesso dei ruoli importanti all’interno proprio di quelle istituzioni che sostenevano di voler combattere ma, forse, volevano farlo dall’interno, seguendo una pratica evidentemente sempre di moda…

Lentamente, negli anni a quelle “battaglie” lesive per la civiltà,  se ne sono aggiunte altre, anche giuste, come quelle contro le riforme della scuola e dell’università, ma ormai era troppo tardi perché ci fosse una comprensione del quadro d’insieme che si stava già delineando, tanto è vero che già dalla guerra in Iraq si delinearono posizioni contrastanti tra chi si riteneva equidistante e chi, al contrario, si schierò apertamente contro l’imperialismo americano e coloro che iniziarono a svegliarsi e vennero accusati di vetero-marxismo, dai sodali dell’ex PCI, che nel frattempo aveva cambiato nome, e di fascismo dagli altri. Ormai l’immersione nel mondo fantasma era totale anche sia per la sinistra estraparlamentare che per quella istituzionale: un arco che va da quella dei centri sociali, incapace di elaborazione teorica peculiare, a quella emersa dalla disintegrazione seguita al cambiamento formale dell’ex PCI, connivente con il potere dominante e pronta a partecipare alla farsa, ricordiamo l’operato di Rifondazione ma anche della miriade di organizzazioni che intorno ad essa gravitavano.

Qualcosa, che non riuscì mai a diventare punto di svolta positivo, si mosse con la diffusione del movimento No global che, almeno in Italia, assunse caratteristiche peculiari rispetto al polpettone emanato da Seattle negli anni ‘90, però, anche quel movimento, che avrebbe potuto evolvere in una riflessione più profonda, dopo aver subito la mattanza di Genova, di fatto si indebolì fino a scomparire, il tradimento avvenne per le stesse ragioni per le quali tradì il PCI: avere un ruolo qualsiasi nella farsa, non a caso, i suoi leader, da Agnoletto a Casarini, oggi si sono reinventati, con diversi ruoli, come portabandiera della globalizzazione. (Ogni uomo ha un prezzo e, “se arrivi, vuol dire che a qualcuno può servire”).

Una doverosa annotazione a margine sarebbe rappresentata dalla costante, dagli anni ’70 ad oggi, rappresentata dal ruolo egemonico, svolto dalle infiltrazioni di servizi (non deviati, come si tende a dire, ma assolutamente in linea con i dominanti) all’interno di tutti i movimenti sorti, che ne hanno sempre determinato l’andamento e l’epilogo violento…ma questa sarebbe un’altra storia, collaterale.

Essendo questa la parabola della “sinistra”, non può causare nessuno stupore il fatto che, oggi, essa, di qualsiasi natura sia, segua pedissequamente i dettami del politicamente corretto di stampo liberalista, e ne persegua i fini, questo risiede nella banalizzazione dei concetti di “libertà” e “diritti” che si basano sul particolarismo massificato da un lato, e sul rifiuto come conservatori, di tutti quei valori che fondano la civiltà, dall’altro. Una strada in discesa intrapresa a velocità vertiginosa, per l’appunto, a partire dal finire degli anni ’70, con la diffusione della subcultura Hippy che si è fusa con un marxismo, volgarizzato e semplificato, unito a due concetti d’accatto come l’antifascismo, già allora privo di qualsiasi significato, e l’internazionalismo, totalmente mistificato e decontestualizzato. Un miscuglio potenzialmente esplosivo che ha impaludato la sinistra fino a farla diventare quella maschera oscena che è ora, immobile e refrattaria alla comprensione dell’enorme responsabilità che ha avuto nell’avallare, difendere e perseguire il modello capitalista globalizzato propugnato dall’americanizzazione della società, dalla fede nella scienza e nel mito del progresso, dall’inconsistenza di parole d’ordine, ormai poveri feticci, sventolati come vessilli, tra cui svettano termini come “democrazia”.

Qualcuno, nel tempo è arrivato a compiere dei passi in avanti fondamentali, per esempio assimilando il concetto di sovranità, anche se, troppo spesso, coniugato solo da un punto di vista economicistico, altri hanno intuito almeno in parte, non compreso fino in fondo, la posta in gioco del controllo messa in atto dal liberalismo, ma si tratta di una minima parte, il resto, ovvero la stragrande maggioranza, naviga nel buio più assoluto, totalmente ottenebrata dalle proprie condizioni che si sono mantenute quasi inalterate da oltre quarant’anni, impossibili da scalfire anche perché questo significherebbe la messa in discussione radicale delle loro certezze fondanti, la base della propria esistenza e la presa di coscienza del peso di dover fronteggiare l’enorme responsabilità che ha avuto nella distruzione di una civiltà in cambio di quattro spicci di  finte certezze.

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