Impero e Imperi

IMPERO E IMPERI 

Questo scritto intende far ordine nell’uso e nella diffusione del termine IMPERO.  

Oggi questo vocabolo è diffuso nei principali ceppi linguistici: rileviamo l’italiano impero, il francese empire (pron. ampìr), l’inglese empire (pron. empaie), il tedesco imperium, lo spagnolo imperiotutti derivano dal latino imperium.

Ma è avvenuto uno slittamento semantico nell’asse diacronico: col tempo cioè la parola designa cose diverse

Innanzi tutto i romani utilizzavano il termine imperium PRIMA che esistesse ciò che noi oggi intendiamo per impero (che attualmente sta per dominazione di uno stato, non sempre monarchico, su popoli e razze diversi).

Infatti a Roma l’imperium esisteva sin dall’inizio, con un significato specifico ed esclusivo: quello di comando militare (limitatamente militare!).

Tale comando infatti si esercitava rigorosamente “fuori” dalle mura cittadine così da costituire un rigido tabù religioso indossare le armi dentro la cerchia del pomerio, le mura fondative di Roma. 

L’assunzione e la detenzione del comando militare si insigniva di distinzioni esteriori visibilmente solenni: la scure legata insieme alle verghe dei fasci, la scorta dei littori e la porpora che tingeva mantello e calzari[1]

Ma ciò che deve interessarci di più è il processo costituzionale della investitura dell’imperium: da chi lo riceveva infatti il magistrato prescelto?  Dalla divinità, ovvero dagli dei “a cui erano a cuore i sette colli” (“dis quibus septem placuere colles”, Orazio).

Ma un dio non è (sempre) visibile pertanto necessitava di un tramite, i sacerdoti, per la precisione gli àuguri, che avevano per quello chiesto un auspicio (da aves + spicio: scrutare gli uccelli). 

La divinità dunque concedeva una benedizione (assolutamente indispensabile), l’auspicio, ma destinata a chi? al prescelto? Non ancora e mai e poi mai direttamente. La benedizione dell’auspicio era indirizzata al popolo e solo il popolo ne era l’intestatario; il magistrato investito la riceveva, per così dire, di seconda mano.

E’ il popolo che concede gli auspici al comandante che parte per la guerra; e che aspetta in armi fuori delle mura. 

Una volta per tutte valga l’enunciato numero uno: 

L’imperium è la relazione tra un popolo in armi e la sua divinità. 

A Roma nulla di più, nulla di meno. 

Ma la romanità ha due grandi epoche: cinque secoli di aristocrazia[2]e altri cinque di uno speciale regime. 

E allora che cosa ha fondato (Ottaviano) Augusto nel 27 A.C. dal momento che universalmente lo ricordiamo come “primo imperatore”? Ha fondato una monarchia costituzionale con la nomina personale di comandante in capo (Imperator).  

Ma la vera parola-chiave fu Augusto. L’appellativo -dall’etimologia eloquentissima- incrocia due termini: un titolo dall’aura religiosa (augurium) con un titolo dal contenuto politico-istituzionale (auctoritas)[3]

E allora possiamo individuare la caratteristica numero due: 

L’impero è retto da una personalità dal fortissimo carisma personale religioso e militare. 

E arriviamo così al requisito dalle implicazioni più profonde: questa nuova formula costituzionale “inaugura” (potenza delle parole!) una nuova era, un “saeculum” come si diceva allora, il termine che Orazio celebrerà nel suo Cantico delle generazioni (Carmen saeculare appunto).

Quest’era è l’era della Pace (“Pax augustea”): la divinità ha stabilito un patto (pace viene da “patto”) con l’Augusto Imperator, concedendogli un interminabile periodo di pace interna; dentro i confini dello stato i suoi abitanti vivranno sicuri e indenni da ogni offesa. Una condizione davvero epocale: quest’era corrisponde a una palingenesi spirituale, ad un nuovo “modo di vivere” pacificato e sereno.

Conseguenza spontanea di tutto ciò fu una progressiva “integrazione” degli abitanti nell’organismo statale: una assimilazione e una osmosi insieme dei valori fondamentali della originaria civiltà con le nuove linfe affluenti[4]

La caratteristica numero tre sarà dunque: 

Un impero inaugura un’era di pace, di equilibrio e di rinascita interiore. 

Questi i significati e i significanti del primo Impero, quello romano; esso terminò, nella sua parte occidentale, nel 476. 

Tre secoli dopo (800 d.C.) sorse un secondo impero, quello di Carlo Magno, detto Sacro Romano: vediamone le caratteristiche e gli eventuali slittamenti. 

Carlo fu un capo dalla forte personalità: vigoroso in battaglia e perentorio nel comando. Il suo colpo di genio fu quello di offrirsi come il campione difensore della Chiesa di Roma, ricevendone una investitura sacrale solenne: la sua incoronazione avvenne nella basilica di S. Pietro, percepita al tempo come la sede più alta di ogni culto religioso.

Il requisito numero due è garantito: carisma personale militare e religioso. L’imperatore del nuovo impero è l’unico supremo regolatore della vita materiale della cristianità e garante anche della salvezza delle anime (requisito numero 3 della pace interiore).

Ma dopo di ciò si presenta la prima incomponibile aporia rispetto al primo impero, quello romano.

La benedizione, l’investitura sacra era in quel caso destinata all’intero popolo (e solo indirettamente e temporaneamente, come abbiamo visto, al magistrato); nel caso Carolingio inizia uno stravolgimento foriero di conseguenze rilevantissime.

Non è più un intero popolo ad essere consacrato e a detenere quindi le credenziali divine – e in nome del quale si governa – ma la sola persona del sovrano che risponderà così solo a Dio della sua condotta e delle sue finalità. Il popolo è escluso come soggetto “sovrano”[5]

Tale impero romano-germanico durò fino al 1918 con l’ultimo imperatore Carlo (ancora una volta potenza dei nomi!). 

Nel frattempo però sono sorti altri organismi per i quali si è speso il nome di impero. Il primo come definizione attribuitagli dagli storici, il secondo autodenominatosi formalmente così. 

Ci riferiamo dapprima alla olandese Compagnia delle Indie Orientali (1602) definita descrittivamente “impero coloniale” per la sua immensa estensione geografica e per la sua caratteristica di mero sfruttamento commerciale delle materie prime da luoghi esotici ben forniti.

Rileviamo così un altro slittamento semantico: quello cioè subìto dal termine “colonia”, nell’antichità classica sorto per diffondere modelli in nuce della costituzione originaria della madre patria -quasi un frattale della struttura primaria – e che in età moderna scivola a definire dei meri avamposti fortificati per l’estrazione della ricchezza locale; dove commercio sta per rapina, pirateria[6].

E lungo la stessa linea di tendenza sorse l’Impero Britannico, questo sì ufficialmente definitosi Impero. Il suo trionfo culminò con la regina Vittoria, divenuta icona di autorità e di solennità.

Ma troviamo anche confermate le modifiche avvenute rispetto all’antichità: non c’è più il rapporto diretto tra popolo e divinità anche se, rispetto al requisito due, si conferisce un’aura di carisma religioso al monarca britannico per l’essere anche capo della Chiesa di Inghilterra. Ma della dimensione di rinascita spirituale e di pace interiore (terzo requisito) rimane solo un appiattimento su un’ipocrisia che connoterà per antonomasia l’epoca vittoriana come “perbenista” e “bacchettona”. 

E siamo arrivati all’oggi, al cosiddetto “Impero Americano” di cui noi italiani siamo divenuti periferia dal 1945

E qui le aporie rispetto alla matrice denotativa iniziale sono diverse. Il popolo in armi, benedetto dalla divinità, si riduce da una parte ad una sfocata, lontanamente percepibile e opaca dichiarazione iscritta sul dollaro (!) (“in God we trust”: noi crediamo in Dio); dall’altra si sostanzia in un espansionismo militare poderoso – in quanto a mezzi – ed aggressivo, e che origina dalla “politica delle cannoniere” e da “America gendarme del mondo”.

Quanto ai protagonisti dal carisma personale ammirevoli per morale e per fascino – non ne individuiamo di più (al di là dei giudizi personali) oltre a Lincoln, Roosvelt e Kennedy. 

Relativamente al proporsi a confronto col saeculum augustum[7](quanto ad epoca di pace e rinascita interiore) rileviamo il corrispondente dell’“american way of life”, stile di vita americano. Quest’ultimo si traduce nel fenomeno del “consumismo”, in termini di comportamento sociale; e nel liberismo in termini di ideologia economica. 

E le province dell’impero cioè noi?  

Siamo garantiti nella pace? Nella tutela della nostra peculiarità culturale? Nella ricchezza che riusciamo a creare? 

O siamo solo trasferiti in una Compagnia delle Indie del XXI secolo (rapina e pirateria)? 

Ma qui si apre un nuovo capitolo. 



[1] Tutti elementi derivati dagli Etruschi, soprattutto di Caere, l’odierna Cerveteri. Tali segni distintivi ebbero una fortuna straordinaria anche nelle epoche successive, basti ricordare alla corte del Re Sole il privilegio riservato ai personaggi di sangue nobile di indossare i “talons rouges” (i tacchi rossi); e ancor oggi le stellette orlate di rosso della divisa di ogni comandante militare italiano. 

[2] Quelli che oggi chiamiamo Impero di Alessandro e Impero Persiano sono in realtà grandi estensioni monarchiche (il “Gran Re”) entrambi precedenti all’espansione romana

[3] Santo Mazzarino, Il pensiero storico classico, II, pag.263 e segg. 

[4]Graecia capta ferum victorem cepit” (I romani conquistarono la Grecia ma ne furono conquistati) 

[5] Men che meno furono referenti al popolo i re delle monarchie nazionali, il più ambizioso di tutti –per le pretese di “sang real” (divino) fu quello di Francia 

[6] Più tardi J. Conrad in Cuore di Tenebre descriverà mirabilmente tali avamposti 

[7] Il “secolo americano” fu slogan associato alla Fine della storia di Fukuyama 

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