Ordine dal Caos.

Relazione del professor Aaron Wolfson,

Isaac Goldstein Chair, Computational Mathematic,  Institute for Advanced Studies, Princeton.

Convegno annuale della Fondazione Prometeus

Forum Grimaldi, Monte Carlo, 16 giugno 2000.

Il mondo sta diventando disordinato, in una parola: ingovernabile, perché il disordine, ineluttabilmente, conduce al caos.

Orbene, io non ho nulla contro il caos, di per sé, ma solo se è una condizione temporanea, il cui scopo sia quello di condurre ad un ordine diverso da quello precedente.

Se mi è consentita quest’espressione: un ordine migliore, più compiuto, più coerente.

Il sistema nel quale viviamo, che si suole definire “democratico” e “liberale” è, per sua natura, un sistema entropico.

Il luogo comune vuole che esso si autoequilibri…consentitemi di ridere: questa è una colossale sciocchezza, inventata dai quegli imbecilli dei neoclassici.

Diciamo che, apparentemente, tende a riequilibrarsi prima di uscire troppo dai binari, ma non si riequilibra da solo e, soprattutto, questo apparente equilibrio si situa ad un livello entropico diverso da quello precedente, un livello nel quale la distanza dall’equilibrio è molto più accentuata, nel quale il sistema si allontana sempre di più dall’equilibrio

Anche se, in apparenza, sembra che il sistema abbia “assorbito il colpo”, in realtà è solo riuscito a trasferire il disordine ad un livello più elevato.

Un sistema come quello in cui viviamo, è caotico per natura, perché non è guidato da alcun principio, da nessuna assiologia: non marcia verso alcuna direzione ma, semplicemente, procede.

D’altra parte, non è più possibile tenerlo a bada, guidarlo, disciplinarlo, con un’autorità conferita dall’alto, come quella di un pontefice o di una monarca, e neanche col pugno di ferro di una dittatura; tanto meno con l’aspirazione alla virtù o con la paura del peccato.

Dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale, si era venuto a creare un ordine accettabile, un ordine nel quale esistevano due potenze contrapposte, nel quale nessuna poteva prevalere sull’altra: un equilibrio, l’una era la ragion d’essere dell’altra. E questa contrapposizione guidava le politiche di entrambe, ne era la raison d’Etat.

Ma l’Unione Sovietica non poteva reggere all’impatto di quella che chiamano “postmodernità” e che, io, preferisco definire “modernità assoluta”: l’“impero della rigidità” non poteva adattarsi a questi cambiamenti e, dunque, reggere la competizione con l’“impero della flessibilità”.

Gli uomini sono come fanciulli, hanno bisogno di giochi, ma si annoiano a giocare sempre con gli stessi giocattoli, devono essere continuamente riforniti di nuovi gingilli.

Il segreto, almeno fi dai tempi dell’illuminismo è sempre stato convincere le masse che i nuovi giochi fossero, sempre e comunque, meglio di quelli vecchi.

Il primo arcanum imperii: il mito del progresso

Il secondo arcano, piuttosto geniale, ancorché semplice, è stato quello di indurre le masse a desiderare ciò che si desidera. Che esse desiderino (perdonate il gioco di parole).

Il sistema della propaganda…

Certo, qualcuno potrebbe obiettare che, anche nelle dittature, esisteva la propaganda, ed era pure piuttosto incalzante. Ma era grossolana, cercava semplicemente di convincere che quello fosse “il migliore dei mondi possibili”. Tuttavia, il “migliore dei mondi possibili” era un concetto astratto, un eterno “aspettare Godot” e, nel frattempo, quel mondo era tutt’altro che il migliore possibile.

Non vi è nulla di più errato che imporre alle masse una visione del mondo.

Bisogna, invece, che siano le masse ad affermare, con convinzione “viviamo nel migliore dei mondi possibili”… solo così, le masse, si schiereranno, convintamente, dalla parte dei loro padroni…

E, così, alla fine l’occidente ha vinto…”e vissero tutti felici e contenti” almeno questo è ciò che propugnano tutti gli stolti aedi della “fine della storia”

In realtà, anche l’“Occidente” è una fola: non esiste nulla del genere. Chi ha vinto sono gli Stati Uniti; l’“Occidente” è una comoda finzione, un concetto inventato da noi, per far credere agli altri di essere -anch’essi- protagonisti di questa grande rappresentazione, per far sentire gli altri, partecipi della nostra egemonia.

Non esiste alcun occidente, siccome non esiste alcuna “civiltà occidentale”: è esistita, semmai, una “civiltà europea”, dalla quale proveniamo.

Ma gli Stati Uniti non sono mai stati espressione di civiltà, sono stati solo espressione di potenza. Semmai abbiamo contribuito alla fine della civiltà europea, perché non era più funzionale al nuovo ordine mondiale che stava sorgendo.

L’occidente, siamo noi, ma siamo stati abbastanza abili, da far credere, agli altri, che lo fossero anche loro.

Certo, senza dubbio, almeno dal punto di vista “ideologico”, se così vogliamo chiamarlo, fanno parte del “nostro” mondo -ci mancherebbe altro- ma ne sono parte passiva, gregaria: non sono la guida, non indicano la direzione, la seguono.

Tuttavia, io “sono venuto per seppellire Cesare, non per lodarlo”, dunque, vi dico che tutto questo, anche se ha funzionato, finora, è al tramonto…oh, certo, non lo vedete, ancora…l’Impero sembra nel pieno fulgore della sua potenza.

Ma quell’ordine sta finendo: non essendovi più alcuna potenza, che possa frenare la nostra volontà di potenza (almeno, per ora), questa si è scatenata: la direzione intrapresa è quella prescritta dalle allucinazioni millenaristiche del “destino manifesto” e della “fine della storia”.

D’altra parte, la nostra nazione è stata edificata proprio su quelle allucinazioni i primi coloni sono fuggiti dall’Europa, in cerca di “nuovi cieli e nuove terre”, allo scopo di instaurare un novello eden…progressivo.

Fu solo grazie ad una genia di geni, Wiener, Von Neumann, Shannon, Teller, Fermi e Oppenheimer, genia della quale noi umilissimi epigoni, che una nazione di sempliciotti ha potuto assurgere al rango di potenza planetaria…

Arriviamo, dunque, al cuore del nostro argomento: “Ordine dal caos”.

La prosperità dei “Trent’anni gloriosi”, come li chiamate voi francesi, era legata alla materia…poi, abbiamo scoperto che la materia ha dei limiti, l’acciaio come l’oro…

I numeri, però, non ne hanno alcuno, si possono riprodurre, a piacimento. Così, nel momento in cui, quel periodo prospero, si avviava al tramonto, abbiamo iniziato a moltiplicare i numeri, i segni, e abbiamo chiamato questa moltiplicazione, “ricchezza”.

Abbiamo cercato di sostituire la materia coi segni, ci siamo inventati un mondo immateriale, un sostituto di mondo, fatto di rappresentazioni, allo stesso modo in cui i numeri sono rappresentazione di prosperità.

Ma la prosperità, per le masse, è fatta di materia, quella dei numeri, giocoforza, appartiene a pochi. Il problema è che tanti numeri, in questo sistema, danno un diritto virtuale, a tanta materia -Frederick Soddy, già negli anni trenta, parlava di ricchezza virtuale- una sorta di oligopolio sulla materia dalla quale, la massa, è sempre più aliena: i benestanti di oggi, saranno i poveri del domani che è alle porte.

È facile governare un sistema nel quale le masse credono nel fiabesco “e vissero tutti felici e contenti”.

Ma quando la favola finisce e la realtà si disvela, e si scopre che, solo pochi sono destinati a vivere “felici e contenti”, come si fa a convincere la popolazione a credere ancora in quella fiaba?

Il buon Edward Bernays, il nipotino di Freud, ci ha dato un grande aiuto…ma, la propaganda condotta con i mezzi primitivi di allora, non è più sufficiente. Allora funzionava, perché la più parte della popolazione viveva ancora nell’illusione del progresso…Si badi bene, non di quel progresso astratto che è stato idealizzato sin di tempi di Francis Bacon, ma di quel progresso materiale che illudeva di poter sperare in una vita migliore.

Era un’illusione? Certo che lo era, ma era sufficiente per mantenere un certo ordine. È difficile governare un mondo sans rève et sans merci, senza sogni e senza illusioni.

Come tutti sapete, Edward Barneys scrisse un’opera, il cui titolo era proprio “propaganda” e, da allora, si usa questo termine per indicare la manipolazione dell’“opinione pubblica”.

Ma, sapete, qual era il titolo del primo capitolo?… “Organizzare il caos”… e questo è il segno più evidente del suo genio. Ai sui tempi, l’informazione -pardon, la propaganda- veniva diffusa con mezzi alquanto artigianali: i comizi, la stampa, la radio…la più parte della popolazione era poco alfabetizzata; faceva lavori “veri”, si guadagnava il pane col sudore della fronte: agricoltura, manifattura: cose reali, saldamente ancorate alla realtà fattuale.

Poi si è introdotta l’istruzione di massa…non certo per amore delle masse, ma perché servivano “quadri” in grado di gestire un mondo sempre più complesso…e venne inventata la televisione: con esse, la propaganda ha fatto il primo “salto quantico.

Finalmente si poteva sostituire la realtà con una rappresentazione, un fantasma: oggi non esistono più i “fatti”, esiste solo la rappresentazione.

Quello che chiamano “mondo dell’informazione” non ha mai avuto il compito di informare…o meglio, in realtà, sì, ma solo se si intende il significato etimologico, di questo termine, ovvero, “dare una forma”, plasmare, forgiare. La rappresentazione è ciò che dà una forma al caos del mondo fattuale e, in questo modo, plasma le masse. Per poter governare il caos, è necessario che la rappresentazione sia una sin-fonia, che tutti i singoli strumenti concorrano nel formare il tema.

Badate bene, con questo, non sto dicendo che debba esservi esclusivamente un’informazione univoca, centralizzata, come quella che vige nelle dittature: quella non è una sinfonia, è una singola nota, e può essere efficace solo se unita all’esercizio del monopolio della forza.

Il controllo della rappresentazione è diverso: ciò che non è rappresentato, semplicemente, non esiste.

Solo la rappresentazione è vera, tutto il resto è finzione, fantasia, sogno, allucinazione. Se la censura è interiorizzata, non c’è più bisogno di alcuna censura: ogni cittadino diventa un agente della psicopolizia, che provvederà ad isolare le poche voci dissonanti…

Oggi, questo sta diventando pienamente possibile, dato che stiamo assistendo al secondo “salto quantico” della propaganda: le nuove “tecnologie dell’informazione”, la “rete”.

Negli anni ottanta del secolo scorso, l’evoluzione tecnologica ha compiuto una trasformazione ontologica: il suo obiettivo non è più stato focalizzato su quelle che definisco “tecnologie di potenza” – che erano utili per mostrare i muscoli, nell’epoca della guerra fredda- ma si è indirizzata verso quelle che chiamo “tecnologie di controllo”, che hanno lo scopo, non solo di creare la rappresentazione, ma anche, di controllare i fruitori di questa.

Sì, certo, abbiamo raccontato la favoletta che queste avrebbero aumentato le possibilità di comunicazione, la loro rapidità, le possibilità di calcolo e di organizzazione, e tante altre belle cose…per carità, tutti questi aspetti sono veri, ma sono effetti collaterali.

In realtà, tutte queste mirabolanti possibilità, costituiscono altrettanti strumenti di controllo centralizzato delle cose e degli uomini: computer, telefoni portatili che consentono di essere sempre collegati a chiunque e, al contempo di essere sempre rintracciabili (e tracciabili) …e siamo solo all’inizio. Tra poco, i telefoni saranno tanti piccoli computer, perennemente collegati alle fonti della rappresentazione, nei quali i flussi di di informazione da e verso la periferia, saranno sempre a disposizione di chi controlla il “centro” della “rete”.

E mediante la rete sarà possibile fare tutto e, poi, si dovrà fare tutto tramite essa: qualunque transazione, qualunque rapporto tra cittadini e centri di controllo burocratico.

E, così non esisterà più nulla, all’infuori della rappresentazione: non vi sarà più bisogno di propaganda o persuasione, perché la realtà sarà quella che decideremo noi: non rimarrà nulla che sia, in qualche modo, “naturale”: le percezioni, l’amore, gli affetti, l’immaginazione…finanche il sesso.

La tesse caratteristiche antropologiche, saranno quelle che si deciderà di adottare; la cosiddetta “natura umana”, sarà decisa a tavolino; e così l’identità sociale o quella sessuale.

Nulla sarà più basato sulla consuetudine o il costume, perché non vi saranno più consuetudine o costume. In assenza di mores, tutto sarà deciso dal nomos. E il nomos, lo si decide dall’“alto”.

Scrisse un autore: “Per trascendere il mondo, bisogna che il mondo ci sia”.

Ecco, questo è il vero segreto del potere: non si può trascendere un fantasma, una rappresentazione, e neanche opporvisi.

Questo è già vero oggi: la mente delle masse è quasi interamente riempita del contenuto che somministriamo loro; in pochi anni, le tecnologie emergenti consentiranno di sostituire totalmente la realtà con la rappresentazione.

E in questa commedia, daremo loro anche l’illusione di poter esercitare una scelta, di poter provare desideri, emozioni, propensioni…. Potranno anche scegliere di sostenere una parte politica…in fondo, mica vogliamo costruire una dittatura e, la politica è una parte importante della rappresentazione, consente di incanalare le energie emotive che, altrimenti, coverebbero sotto la cenere…e, chissà cosa potrebbero provocare?

Ma si potrà scegliere solo tra ciò che è dato, ciò che si desidera di dare loro, come si fa con gli animali domestici.

Per scoprire il segreto del potere, basta comprendere la natura del DNA che controlla la sintesi delle proteine di un organismo. Noi siamo come il codice genetico che codifica la visione del mondo dell’umanità.

Come un virus che utilizza la cellula, come veicolo per la propria replicazione, così noi usiamo la popolazione, e le strutture che la organizzano, per inverare la nostra visione o, se volgiamo definirlo in modo più “operativo”, il nostro progetto.

Oggi, ancora, l’organismo ospite, sono gli stati nazione, ma non tutti: ne basta qualcuno, che sia abbastanza potente da contagiare tutti gli altri, come un virus che è portatore del codice genetico che vi abbiamo inserito.

Domani, non avremo più bisogno di un simile vettore, e potrà essere qualsiasi altra cosa noi decideremo sia.

In fondo, per governare il caos, basta controllarne la rappresentazione.

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