Atto di fede

La scienza insegnerà all’uomo che in effetti in lui non c’è né volontà né capriccio, né li ha mai avuti, e che lui stesso non è nient’altro che il tasto di un pianoforte o lo spinotto di un organo e che, sopra tutto, al mondo esistono ancora le leggi della natura; … Di conseguenza occorre soltanto scoprirle codeste leggi, e l’uomo non dovrà più rispondere delle proprie azioni, potrà vivere con estrema levità.

Tutte le azioni umane allora saranno automaticamente valutate secondo queste leggi, matematicamente…

(F. Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo)

Prendendo spunto dal dibattito sui vaccini e sulla bontà delle restrizioni adottate dai governi durante la cosiddetta pandemia vorrei notare come da parte delle istituzioni politiche e religiose (nonché della totalità dei media) si invitino i cittadini ad avere fiducia nella scienza e allo stesso tempo si marchi come nemico della ragione e del progresso chi dissente dalle politiche governative e dal pensiero dominante.

Un notevole esempio è stato fornito dall’intervento del Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, in una nota trasmissione televisiva1.

Ma cosa davvero si nasconde dietro l’apparentemente innocua “fiducia nella scienza”?

Chi decide di aver, in maniera vaga, “fiducia nella scienza” in realtà sta inconsapevolmente accettando di delegare molto del suo libero arbitrio, forse tutto.

Come prima cosa ci aspettiamo che chi abbia fede nella scienza consideri valido il metodo scientifico.

Credo però che la maggior parte delle persone non sappia cosa sia il metodo scientifico, di conseguenza tale fiducia non potrà essere una scelta razionale e non può discendere da nient’altro se non da un atto di fede.

Come secondo aspetto potremmo pensare che i “fedeli” abbiano una completa fiducia nei risultati della “scienza” e che, aldilà di errori individuali e marginali, essa nel complesso possa ottenere verità e risultati certi.

Su questo argomento abbiamo già scritto diffusamente (si veda 2 e 3), ma vale la pena ripetere alcuni concetti fondamentali.

La scienza si occupa di elaborare e studiare le cosiddette teorie scientifiche che consistono principalmente in modelli della realtà utili per descrivere la fenomenologia osservata.

Una teoria è quindi un’elaborazione intellettuale ed è costituita da enti teorici (campi di forza, particelle, figure geometriche…) che sono legati ad oggetti reali e a fenomeni mediante delle regole di corrispondenza. Tali regole, tuttavia, hanno validità solamente nell’ambito di una determinata teoria poiché cambiando il quadro concettuale è possibile associare ad un oggetto reale un diverso oggetto teorico. Tali regole quindi, non sono né univocamente determinate, né libere da interpretazione.

Una teoria scientifica non deve essere giudicata utilizzando il criterio di verità/falsità, perché il discorso scientifico si svolge sempre sul piano teorico, ma deve essere giudicata in relazione alla sua capacità e utilità nel descrivere i fenomeni osservati.

Non bisogna confondere il piano del discorso teorico con quello concreto: un modello della realtà rimarrà sempre un’astrazione prodotta dall’uomo e non potrà mai essere considerato “vero” alla stregua di un oggetto reale (un piano inclinato, una stella, un liquido…). Poiché le teorie scientifiche non sono “vere” nel senso comune del termine occorre concludere che anche in questo caso la fiducia nella “verità della scienza” sia mal riposta.

Mentre l’aspetto appena discusso non viene spesso tenuto in considerazione, in certi ambienti, critici verso lo scientismo, si invoca l’abbandono di ogni elemento fideistico e il ritorno ad esaltare l’importanza del dubbio nella scienza.

Si ritiene infatti che la verità oggi condivisa (frutto delle moderne teorie scientifiche) in futuro verrà scalzata da un suo aggiornamento o da un suo completo ribaltamento (cambio di paradigma). Si crede che tale processo, costituito – com’è stato fino al XX secolo – da continue modifiche e sporadici ribaltamenti, durerà indefinitamente e che costituisca un lungo cammino di progresso e di lenta approssimazione alla verità (si è ogni volta più vicini alla verità ma mai la si coglierà definitivamente).

Tuttavia la scienza non potrà mai fornire verità, nemmeno momentanee, ma solamente utili descrizioni della realtà e il suo prodotto principale rimarrà sempre la tecnologia scientifica.

Vorrei quindi sottolineare che anche l’idea del “dubbio”, come caratteristica fondamentale della scienza, può indurre confusione e implicitamente può dar forza alla retorica scientista.

Terzo punto: ci sarà sicuramente qualche ‘fedele’ che avrà fiducia nella scienza come istituzione. Come già osservato più volte, la scienza non esiste, esistono gli esseri umani, i cosiddetti scienziati, soggetti alle regole sociali, economiche e all’umana fallibilità.

Si potrebbe ottimisticamente obiettare che, nonostante le debolezze umane, il sistema nel suo complesso sia solido e capace di scovare e correggere gli errori.

In realtà l’iper-specializzazione spesso vanifica la possibilità di avere un controllo imparziale delle ricerche da parte dei colleghi (peer review), poiché le comunità di esperti di un determinato settore di punta possono essere costituite da poche unità, ovviamente in contatto tra loro e con possibili, probabili, conflitti di interessi.

Quarto punto: qualcuno, comunque, potrebbe riporre una fiducia totale nell’Accademia. Sfortunatamente gli interessi privati sono entrati nelle università da decenni, attraverso finanziamenti, spin-off, progetti… Ricordiamo che la capacità di ottenere fondi esterni (ovvero non pubblici, non interni all’università) è una ‘skill’ incoraggiata (da istituzioni pubbliche) e valutata ai fini della carriera dei ricercatori o per il reclutamento.

Per rimanere nella recente attualità, occorre sottolineare che la maggior parte delle ricerche mediche sono svolte dai privati. Si potrebbe comunque continuare ad avere fiducia nei ricercatori e nella loro capacità di essere super-partes.

Tuttavia i prodotti tecnologici spesso sono sviluppati con, e per conto di, industrie private, in ciò non ci sarebbe niente di male, ma se una tecnologia (ad esempio quella medica) è sviluppata interamente dal settore privato non si tratterà più di tecnologia scientifica ma di tecnologia commerciale/industriale e quindi dovrà sottostare completamente alle logiche del mercato, alla ricerca del profitto.

In materia di salute, affidarsi oggi alla scienza, equivale sostanzialmente ad affidarsi al sistema capitalistico.

Ma c’è dell’altro purtroppo, un ultimo punto, forse il più importante: vi è una tendenza (si veda 4) a delegare alla scienza (alla tecnica) le scelte politiche e ad utilizzarla come strumento di governo.

È possibile selezionare nella comunità scientifica degli individui che siano utili per veicolare alcune idee e utilizzarli per sostenere alcune decisioni politiche o per ammantarle di ineluttabilità. In tal modo politici e governanti possono sentirsi completamente deresponsabilizzati rispetto alle conseguenze delle loro scelte, lo abbiamo visto accadere frequentemente.

Una volta effettuata tale selezione e garantita loro una grande esposizione mediatica, e dunque plasmato il consenso dell’opinione pubblica, il resto della comunità scientifica si adeguerà per omologazione o per paura di esclusione, minacce, ritorsioni come ad esempio ostacoli alla carriera, perdita di fondi di ricerca…

Questo meccanismo lo abbiamo visto all’opera sia con il covid che con la tematica dei cambiamenti climatici.

Non solo la “scienza” (o più precisamente questa sua versione addomesticata) viene utilizzata come strumento di governo, limitando così le libertà politiche dei cittadini (si veda 5) e costituendo un fortissimo vincolo esterno, ma in futuro limiterà sempre di più la libertà e la capacità di pensiero.

Non sarà facile liberarsi di tale vincolo esterno poiché nella nostra società siamo stati abituati da un certo materialismo a calcolare il vantaggio (di solito materiale) ottenuto dalle nostre azioni e, grazie alla tecnologia, la scienza è imbattibile nella sua capacità di ottimizzazione, calcolo e sostituzione dell’attività umana (se la lavatrice ci ha semplificato la vita perché non dovrei fidarmi della “scienza” e lasciarle modificare il mio DNA?).

Ma come si chiedeva Dostoevskij in 6, non si capisce il motivo per cui in ogni nostra decisione l’uomo debba sempre comportarsi secondo le leggi della ragione e della verità e “come mai questi genii della statistica, questi saggi e amanti del genere umano, nel calcolare i vantaggi per l’uomo ne trascurano costantemente uno?”

La posta in gioco è altissima: l’intima essenza dell’essere umano. Il vantaggio che non viene mai calcolato consiste nell’essere umani cioè nel seguire la propria natura, che non consiste solamente in una ragione computazionale ma che comprenda la volontà, il sentimento e l’io più profondo e spirituale.

“L’uomo ha bisogno soltanto di essere indipendente nella sua volontà di scelta, qualunque prezzo abbia la sua indipendenza e ovunque lo conduca”6.

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