NELLA TERRA DI MEZZO

È fuor di dubbio che il concetto di totalitarismo sia, seguendo una sorta di bizzarria ossimorica, legato a quello di liberalismo. È infatti in tale contesto che, storicamente, tutti quelli che vennero denominati totalitarismi si sono sviluppati, ma intendendo con tale termine la specifica forma di amministrazione che prevede l’accentramento del potere nelle mani non solo, e non tanto, di un soggetto, sia esso persona o partito, ma di un’unica forza politica sono identificabili come totalitarismi anche tutte le attuali forme amministrative.

Questo avviene perché il liberalismo è l’espressione politica del capitalismo ed ha modificato la sua struttura e la sua forma a furia e misura che quest’ultimo evolveva, seguendone la parabola ascendente ed assecondandone i cambiamenti.

È con la Rivoluzione francese che il capitale inizia a rivendicare la sua supremazia sul Politico e lo fa senza esitazioni ed in modo assolutamente esemplare: non esita ad imporsi tagliando la tesata al re e mettendo così  in atto, fin da subito, la strategia del terrore, un vero e proprio tratto caratterizzante che ne marcherà la natura fino ai giorni nostri, legando indissolubilmente il totalitarismo ad un altro concetto preciso, ovvero l’autoritarismo che ne diventerà così l’altro fattore distintivo.

Il capitale non è un’idea astratta ma, al contrario, è qualcosa di materiale e tangibile, così come tangibile è la sua espressione politica, ovvero il liberalismo che si estrinseca solo e soltanto attraverso il totalitarismo.

Ci si è lasciati fuorviare dalla storia, scritta dai vincitori, commettendo un errore grossolano: le vicende novecentesche denominate, compiendo uno sbaglio interpretativo, totalitarismo sono state, in realtà, nel loro attuarsi, un compromesso, infatti nessuna di esse è mai esistita se non in potenza, sono state abortite nel momento stesso in cui si sono realizzate, si pensi in special modo al Fascismo ed al tradimento del Programma di San Sepolcro, ciononostante è stata necessaria una guerra mondiale per raderle al suolo nel momento in cui hanno osato discostarsi dalle direttrici tracciate dal capitale sovrannazionale; ricordiamo volentieri che l’entrata in guerra fu una necessità dettata solo da spirito di sopravvivenza, al di là di quanto sostengano gli storici accreditati.

Dopo Cassibile e, più in generale, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il liberalismo non aveva più bisogno, in occidente, di quei totalitarismi, ormai diventati superflui data la distruzione delle grandi ideologie novecentesche. Il capitale era riuscito a dimostrare che esse erano inapplicabili e nefaste, di conseguenza, inutili ergo non costituivano più un problema. Doveva restare il blocco sovietico sia perché rappresentava un controaltare e la prosecuzione di una dicotomia fondamentale, sia perché imbarcarsi in un altro conflitto sarebbe stato impensabile; per il resto, sappiamo bene che la Russia di Stalin, con la sua oligarchia capitalista emergente, aveva contribuito attivamente alla sconfitta di quello che veniva indicato come il “mostro totalitario” alleandosi, di fatto, anche se suo malgrado, con la potenza anglo-americana, proprio per difendere la sua sopravvivenza.

Demolita la maggiore ideologia nazionalista mai prodotta in occidente, il fascismo, non restava che mettere in opera il processo del controllo e dell’amministrazione globale attraverso una serie di passi indispensabili che ne rendessero più semplice ed immediato il compimento.

Seguendo questo schema, nel 1949 nasce la NATO, la prima espressione visibile del potere centralizzato sovrannazionale liberalista, poi, via via, a questo organismo se ne aggiunsero altri, di diversa entità dall’UE al WEF, dall’ONU ai vari G (7, 8, 20) o al WTO…

Centralizzare il dominio, sopprimere la sovranità nazionale di ogni singolo stato, annullare le differenze politiche, sociali, culturali, cancellare le peculiarità, azzerare la civiltà: questi erano, fin dall’inizio, gli scopi del capitale attuate tramite il liberalismo e, in fondo, era tutto già scritto nel significato che essi davano al motto “liberté, ègalité, fraternité”, che appare più chiaro solo leggendolo secondo i parametri della neolingua liberalista che tutto mistifica, basta anteporre “nôtre”.

Per ottemperare a questo vasto programma c’era bisogno di un infingimento portentoso che riuscirono a realizzare solo tramite altri infingimenti altrettanto abbaglianti, ovvero una forma di colonizzazione travestita che prevedeva la stipulazione di  una dipendenza economica assoluta attuata grazie al Piano Marshall, una forma stato ingannevole che, non a caso, prese il nome di “democrazia” ed infine un avallo di sottomissione che facesse pensare di garantire la suddetta “democrazia” ma che fosse, invece, facilmente adeguabile ai suoi desiderata, ovvero le Costituzioni.

Il capitale, che aveva come riferimento politico il liberalismo, aveva capito che la forma di totalitarismo più potente è esattamente quella che non si vede, quella mascherata, quella che sembra non esserci. Non un uomo solo al potere, quindi, ma un parlamento intero che segua una via indicata dai diversi organismi sovranazionali, non importa che conosca o meno l’intera strada, basta che esegua pedissequamente gli ordini. Ma, affinché l’illusione fosse completa, bisognava soddisfare la sete di circenses della massa, perché la massa è abitudinaria, ama lo sport, le fazioni ed il tifo quindi ha bisogno di dividersi, muove da qui la necessità di spingere, anche agli estremi, come avvenne in Italia negli anni settanta, la falsa e fallace polarizzazione in destra e sinistra, altrove vi era già la divisione in democratici e repubblicani o qualsiasi altra denominazione, tutto purché vi fosse un illusorio dualismo che appagasse la brama di parteggiare.

Chiaramente questo dualismo era ed è assolutamente fittizio perché gestito interamente dal capitale nell’ambito del liberalismo, ma non importa perché la massa oggetto, fin dalla rivoluzione francese, ha bisogno di sentirsi soggetto, pur non essendolo mai stato.

Così, il totalitarismo liberalista, mascherato da “democrazia”, può regnare indisturbato portando avanti un’altra delle sue farse più riuscite, il grande gioco delle elezioni: illusorie fazioni che si battono a suon di slogan, programmi mirabolanti, fuochi di botta e risposta, strepitii…una messa in scena bellissima con un suo rituale preciso ed un copione che, pur essendo sempre lo stesso, appare sempre come una novità e riscuote, ogni volta, un certo successo e, anche se, negli ultimi anni questo tende a diminuire, non importa. Il liberalismo ha bisogno di apparenza, non di sostanza.

“Cambiare tutto perché niente cambi” questo è il vero punto nodale, la massa ha bisogno di “alternanza”, altrimenti sarebbe un totalitarismo preclaro, ed allora le viene concessa l’idea di l’alternanza, ormai quasi matematica, servendosi di nomi meravigliosi che, chiaramente, non significano nulla ma sono altisonanti: maggioranza di “centro-destra” e, per par condicio, di “centro-sinistra”, così da non lasciar fuori nessuno!

E sembra tutto talmente vero e credibile che, a distanza di cento anni, è ancora un fiorire di “Fascista!” “Comunista!”, “Nazista!”: epiteti che non hanno alcun senso, né alcuna attinenza con il reale ma, la massa oggetto, non elaborando, segue la strada tracciata dal capitale e, totalmente immersa nell’irrealtà, continua ad usarli ottusamente come metafore sia di “autoritarismo” che di “totalitarismo”, reggendo così il gioco al liberalismo che si bea di questi insipienti, nostalgici o ignoranti che siano che contribuiscono a mantenere in vita il fittizio dualismo.

Del resto ammaestrare e rendere mansueta la massa è un altro dei principali scopi del liberalismo, fin dai suoi esordi è stato capace di farle credere che i propri interessi potessero coincidere e che tutti fossero capaci di far parte del cerchio magico del capitale: economicamente questo avviene, ed è avvenuto, tramite il consumismo, socialmente con la possibilità di elevazione di status, ora solo presunta, culturalmente con l’abbassamento del livello di istruzione che rende gli studi accessibili a tutti, politicamente con la possibilità di accedere a cariche amministrative, al fine di aumentare il gregge dei passacarte. Nella realtà le cose sono molto diverse, chiaramente, ed infatti ognuna di quelle condizioni è semplicemente finalizzata ad un impoverimento sempre crescente ed a uno svilimento continuo che agisce non solo economicamente ma, soprattutto, spiritualmente: il modello che segue il liberalismo è quello della società americana.

Quel modello reca con sé, però, delle enormi controindicazioni, perché se, da un lato, garantisce il mantenimento della stratificazione sociale di tipo dualistico, ricchi/poveri eliminando, di fatto, la classe intermedia, dall’altro può creare un malcontento che deve essere gestito. Per altro, le mutate condizioni dell’ultimo ciclo di accumulazione hanno esasperato ulteriormente il divario, il pericolo di reazione ha reso necessario, come è sempre avvenuto nella storia, il rafforzamento dell’autoritarismo che è diventato una pratica consolidata grazie a divieti  e impedimenti sempre crescenti, e che ha raggiunto il suo punto massimo prima attraverso l’obbligo vaccinale del 2018, una sorta di prova generale, ed in seguito durante gli anni “pandemici”: in quel periodo il liberalismo ha mostrato non solo la sua vera natura totalitaria ma, soprattutto,  la sua capacità di attuare una stretta autoritaria a livello planetario ed è interessante sottolineare che, tale stretta, ha coinvolto tutti gli stati, nessuno escluso.

La prova generale di ubbidienza e sottomissione è stata vincente, sia da un punto di vista sociale che amministrativo: tranne una sparuta minoranza, la maggioranza della massa si è adeguata totalmente, mentre, a livello amministrativo, l’adeguamento è stato completo, non si sono registrate eccezioni di alcun tipo.

Totalitarismo ed autoritarismo mascherati rappresentano la chiave vincente del liberalismo che può così garantirsi una prolungata sopravvivenza grazie anche alla capacità che hanno gli individui di dimenticare il passato ed adeguarsi a qualsiasi nuovo sopruso, per irragionevole che sia. Se a questo aggiungiamo l’abilità di manipolazione creativa e la povertà di spirito di quanti si adeguano per soddisfare una residua speranza di “contare qualcosa”, abbiamo una fotografia molto realistica di un presente costituito da un lato, compreso quello di molti dei così detti anti-sistema, di inutili nostalgici di ideologie obsolete, insipienti portaborse, superflui commentatori e dall’altro di una massa gregge, totalmente imbambolata ed inerte.  

Nulla potrà mai andare storto perché tutto è già andato storto ovvero come previsto dal capitale che ha dimostrato di poter reagire, sebbene in maniera assolutamente pacchiana e becera, a qualsiasi crisi. Ci saranno scricchiolii e piccoli crolli ma saranno controllati e qualsiasi cosa avvenga in futuro, avverrà per questioni di conservazione, delle élite, non certo dell’individuo.

Se non ci sarà alternativa sarà semplicemente perché le persone non vogliono aprire gli occhi e si crogiolano nelle loro misere utopie inservibili anziché costruirsi una visione del mondo che costa fatica e superamento di retaggi e barriere inutili; pochi saranno coloro che dediti alla riflessione, senza lasciarsi distrarre dalle misere vicende o dal richiamo degli specchietti per allodole di facili, quanto meschine, false conquiste, sapranno prevedere gli accadimenti ed opporsi ad essi.

Ci sono solo due alternative tra cui scegliere: l’esercito di Modor e quello di Gondor, perché noi siamo esattamente nella Terra di mezzo.

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