Da circa un anno qualcosa è cambiato nei numeri che riguardano la richiesta di aiuto psicologico. Mi sembra si siano modificati anche i motivi che stanno alla base di tale richiesta. Da sempre, chi è del mestiere lo sa, ci si rivolge allo psicoterapeuta o allo psicanalista quando la crisi non può più essere ignorata o affrontata con altri mezzi, come solitamente accade. Ma andiamo con ordine. Il dato più importante, oggi, sembra quello quantitativo.
Negli ultimi mesi qualcosa si è ingigantito e l’emergenza nazionale spinge un’urgenza senza troppi freni.
In una piattaforma nazionale tra le più conosciute, la richiesta di consultazione psicologica diretta alle figure dello psicologo e dello psichiatra registra un incremento notevole.
La zona coperta dalla piattaforma corrisponde grossomodo all’area di una piccola provincia italiana e ad una popolazione di circa 800.000 abitanti.
Un anno fa ricevevo 4 o 5 email al giorno. Oggi, ne ricevo tra le 15 e le 20 e, in taluni giorni, anche più. Sette giorni su sette. A volte, il sabato e la domenica, le domante aumentano. Se prendiamo il valore minimo dell’intervallo, si tratterebbe di circa 450 richieste al mese. Solo per la piattaforma presa in considerazione e solo per le richieste online. Non dimentichiamo che da sempre le persone si indirizzano dallo specialista anche attraverso il medico di base, gli amici e i conoscenti.
Circa l’80% delle persone chiede l’aiuto di uno psicoterapeuta. La restante parte cerca uno psichiatra, soprattutto quando vi sarebbe la necessità di un trattamento farmacologico.
E’ senz’altro aumentato il numero delle coppie sposate o conviventi le quali dichiarano che i periodi di quarantena hanno avuto un certo peso nei conflitti denunciati.
La maggior parte di richieste viene dalle donne e, in particolare, da giovani donne appartenenti alla fascia di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Gli uomini sono tradizionalmente di numero inferiore, ma occorre dire che, in proporzione, anche il loro numero è cresciuto significativamente.
Sono cresciute le richieste di aiuto provenienti dalla città e dal suo hinterland, ma, a ben vedere, anche dai paesi più piccoli, poco urbanizzati o decisamente più isolati.
Due situazioni opposte, quindi.
Un’ultima osservazione riguarda la domanda di aiuto. Lo stato di prolungata emergenza e, in ambito lavorativo, il paradosso della frenesia produttiva alternata all’eccessiva precarietà e il plus di competizione incidono molto negativamente sulle problematiche psicologiche delle persone che cercano coraggiosamente aiuto.
Purtroppo, l’emergenza fomenta la ricerca di un adattamento piuttosto che la domanda di un cambiamento di paradigma personale. La crisi viene spostata fuori di sé.
Interessante l’articolo, ma la chiusura mi lascia perplesso. A me la ricerca di adattamento sembra il normale comportamento in caso di disagio sociale. E l’adattamento credo sia una modifica della relazione con l’ambiente, qualcosa che si trova sull’interfaccia tra l’individuo e l’ambiente. Cosa ci sia dentro l’individuo può essere opinabile e quello che è fuori in via di principio è sconfinato.
Forse la chiusa andava sviluppata un po’ più estesamente, magari partendo dalla citazione gramsciana di crisi (“La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”) e ritornando all’etimo di crisi come scelta. Ecco, se la crisi è necessità di una scelta, il rivolgersi ad uno psicologo delega e/o rimanda la scelta.