Da più parti si evoca l’idea della “comunità” come una possibile soluzione al marasma contemporaneo, fitto di minacce e di angosce.
Tanto per accennare a qualche esempio, da sinistra (per dir così…) abbiamo ricevuto la riflessione di Costanzo Preve, da destra (specie in ambiente giovanile) le suggestioni della “Contea” sull’onda delle scene de “Il signore degli anelli” di Tolkien. Lo scopo è comunque assai assimilabile a quello di chiunque altro voglia sfuggire all’incubo distopico dettato dalla famigerata “Agenda”: difendersi dal degrado intellettuale , morale, fisico finanche, che la offensiva politico-economica dell’anglosfera ha sferrato su dimensione globale.
Minimi cenni sul termine: nel secondo ‘800 in ambiente sociologico nacque la distinzione tra “Geselleschaft”=società e “Gemeinschaft”= comunità. La prima si esprimeva nel rapporto tra l’individuo e il mondo (evidenziando caratteristiche di maggior “libertà”); la seconda tra l’uomo e le sue radici, la sua identità con la sua storia e le sue memorie ( e se ne evidenziano caratteristiche di maggior “ protezione”).
Oggi potremmo sintetizzare il significato di comunità come “luogo di interessi comuni”.
Innanzitutto ci si concentri sul plurale: non basta un interesse singolo (in questo caso basterebbe un “club”, un circolo degli scacchi per dire..) ma necessita una gamma, un insieme di interessi e riferimenti. Ma la cosa si fa complessa; prima per l’aspetto quantitativo (risolvibile.. certo): uno davvero è troppo poco (non rappresenta che un dettaglio non significativo della vita di una persona) ma nemmeno si può pretendere una lista estesa (il “catalogo”) con tutti gli aspetti rappresentativi : cultura, morale, tradizione, religione, fisicità, gusti alimentari, estetica…
Ma poi entra in gioco il fattore qualitativo: se richiamiamo un attimo il concetto di insieme (prima citato) così come si insegna alle scuole elementari vedremo che non tutti gli interessi coincidono o sono sovrapponibili: al solo scopo esemplificativo, non tutti i credenti saranno no-vax e non tutti gli etero si oppongono al fanatismo scientista… e allora ? e allora sarà necessario ideare una qualche gerarchia dei valori, una selezione privilegiata di idealità. Nella comunità si riconosceranno alcuni e solo alcuni segmenti di umanità. La comunità è un insieme di interessi intensivo non “estensivo” (in parole povere “qualcuno rimarrà fuori”…). Ci vorrà un ‘idea di così ampio riferimento che possa riguardare il più possibile (ma non tutti) degli aderenti e insieme che sia così “restrittiva” che escluda -e da subito- ogni equivoca adesione. Un “linguaggio” comune che posa essere immediato (senza mediazioni) ma che denoti discontinuità col mondo dal quale ci si vuole differenziare e –in ultima istanza- separare.
In termini storici la memoria non può fare a meno di riandare al sorgere delle comunità benedettine alla fine del mondo antico :
l’affinità clamorosa è data dalla concomitante “fine di un mondo”; allora tracollava il mondo antico insieme alle sue strutture comunicative e produttive oggi il “grande reset” sta spazzando via tutto ciò che davamo per acquisito. Le comunità benedettine salvaguardavano piccoli gruppi che volevano sottrarsi a quei margini storici nelle due dimensioni : interiore (spirituale) e fisica-materiale. Il motto “ora et labora” ne è la magnifica sintesi; non una fuga e una rinuncia alla vita quotidiana (i monaci si procuravano autonomamente il sostentamento fisico anche negli aspetti rifocillanti: il vino concesso in abbondanti dosi) ma -sin da subito- una elevazione morale e spirituale che trascendeva lo sforzo fisico in una sintesi di altissima idealità.
In tal senso la comunità deve essere una sintesi tra la riflessione (le idee) e la pratica di una quotidiana sopravvivenza la più “lieta” possibile.
Oggi è anche un simbolo, che evoca famiglia, casa, rifugio in sicurezza, tra simili: si potrebbe parlare di piccola patria. Non sorprenda, ci sono state epoche -ed epoche importantissime!- in cui si riconoscevano più patrie, Cicerone ad esempio ne citava tre: la ciociara Arpino, la grande Roma e la “repubblica dei filosofi”cioè la grande casa comune della cultura ellenistica.
Tutto questo concentrato –ci si rifletta bene!- è quanto di più contrario all’attuale e angosciante “epoca delle emergenze”; l’effetto ansiogeno di quest’ultima è contrastato dall’effetto di stabilità, continuità, di già noto proprio della connotazione di comunità. La comunità si oppone all’emergenza.
Inoltre la comunità è un luogo fisico, non virtuale ! Dove ci si incontra di persona (anche ad intervalli di tempo), ci si può toccare, mangiare insieme talvolta. Quelle virtuali sono solo contraffazioni, surrogati al limite.. ma che alla lunga se non sfociano in qualcos’altro ristagnano in bolle paludose e inconcludenti.
Avviandoci alla conclusione –in attesa che il tema venga dibattuto, approfondito, precisato- vale la pena di aggiungere qualcosa sulle dimensioni: la comunità è necessariamente declinata sul piccolo; ma in una moltiplicazione di N cellule
il più possibile identiche ma autonome, viventi di vita propria.
Piccolo è bello ma su grande scala !
qui in Appennino Umbro ci sono centinaia di chiesette e pievi ancora curate dalle comunità locali ma via via abbandonate causa spopolamento della montagna. Visto il ritirarsi della chiesa ci si potrebbe riunire li e prendercene cura.
La dicotomia tra comunità e società ha una storia abbastanza lunga e non sempre la comunità è stata qualcosa di preferibile alla società. Chi si è cresciuto in un ambiente ristretto dove tutti conoscevano tutti gli altri, spesso risalendo più generazioni, non può fare a meno di ricordare qualche aspetto soffocante nella comunità e la voglia di uscir fuori e diventare anonimo nella grande società.
Non sto criticando la comunità, di questi tempi è una buona idea, però mi resta la sensazione che la comunità dovrebbe anche essere uno stimolo alla ricostituzione della società.
Vorrei fare un esempio: ci hanno fracassato gli zebedei con il familismo amorale, additandolo come un crimine. Oggi mi sembra che il familismo sia qualcosa che contribuisce a salvare una società in disfacimento, è assolutamente etico oggi il familismo. Però un adulto deve saper uscire dalla famiglia e camminare sulle proprie gambe.