La Rivoluzione Industriale ha aperto voragini mai riempite. L’ipertrofia produttiva che necessita di mercati crescenti e floridi, il fabbisogno energetico, il ricorso alla finanza per ottimizzare il profitto e regolare squilibri congiunturali, hanno innescato isterismi duraturi e incontrollabili. La gestione e la distribuzione della ricchezza urgevano di nuovi criteri restando asimmetriche, mai fluidamente circolari, influendo anche sulla proiezione di potenza internazionale, costringendo l’Occidente a ridisegnarsi politicamente in una geografia ristabilita con Yalta, e a reimmaginarsi socialmente con interpretazioni che consentissero la convivenza dei fattori strategici territoriali con le esigenze economiche che le nazioni industrializzate si ritrovano nelle agende governative. Dover considerare le contingenze economiche quanto le esigenze politiche fondamentali, ha portato anche a provvedere con delocalizzazioni e nuove colonizzazioni. Le grandi potenze, ovvero, hanno decentrato gli interessi mercantilistici mantenendo all’interno quelli relativi ai fattori di potenza.
Ma questo marasma geografico, politico, sociale non ha risolto il problema originale.
Le instabilità emerse permangono, le contraddizioni sono accentuate, mentre le ambizioni e le promesse sono tradite.
Un lungo periodo di illusioni, di distensioni, di immaginarsi in una nuova stanza della Storia, tra democrazie, progresso e benessere. Invece è svanito tutto, dimostrandosi per quello che è sempre stato: una tragica illusione, un tentativo mal riuscito, una follia incontrollabile mascherata da prospera stabilità.
L’energia a basso costo e in quantitativi garantiti non c’è più.
I conflitti dietro casa, considerando che quello ucraino sembra impantanato in uno stallo che esclude esiti o sospensioni e il ritorno di quello in Kosovo è in riavvicinamento, tracciano una separazione netta tra l’Europa e la Russia, con la Polonia che torna a essere uno snodo foriero di criticità nella sua funzione atlantista.
L’Unione Europea, dimostrata ancora una volta la sua evanescenza politica, vede sgretolarsi l’unico Istituto esistente, quello della moneta unica, dopo aver imposto deflazioni salariali, austerità, mercantilismo. Non si sa più quali mercati di sbocco restino per la produzione continentale, non si sa come arginare l’inflazione senza danneggiare comparti vitali, non si sa quale denominatore reale ne determini le prospettive e la ragion d’essere.
Gli Stati Uniti sono un Impero stanco, indebolito da dissidi interni e benessere economico in grave contrazione. Le campagne belliche di civilizzazione in nome di democrazia e libertà, mai del tutto vinte, si sono schiantate sull’Afghanistan abbandonato in fretta per rovinare ulteriormente sul conflitto ucraino. Al momento, i regolatori dei mari soffono sulla loro terra e vedono nuove Marine prepararsi a contendere l’unicità del loro controllo, specie sul Pacifico.
India, Cina e Turchia si confermano determinate nell’esercitare la potenza di cui sono capaci e di espandere l’influenza sulle aree esterne di loro interesse.
L’Africa continua a crescere demograficamente, terra da abbandonare per chi vi nasce e da controllare per chi arriva da fuori.
Stanno per scadere i diritti di superficie sanciti dopo il secondo conflitto mondiale, dove i vincitori dichiarati si accorgono, nell’ allontanarsi dal momento del loro proclamarsi tali, che sbiadisce anche la certezza di riconoscerli così per sempre. E non c’è “usu capione “ o enfiteusi che garantisca nulla. Il portato morale e territoriale millantato in questi decenni si dissolve, scoprendo che il perno della pace è stata quella guerra che astutamente si è definita “fredda”, mascherando contraddizioni e ineffabilità dietro uno schema di bipolarismo tanto elementare quanto immaginario.
Lo snodo storico non è soltanto cruciale per l’Occidente, il suo ruolo nel mondo e la sua sostenibilità. Vede un più sostanziale conflitto tra forze che governano l’uomo, che ne condizionano il percorso di consapevolezza. Se c’è chi vuole mistificare tutto per mantenere paura e obbedienza, c’è anche un moto evolutivo ontico e ontologico che ridefinirà i rapporti e le interazioni umane. Per questo, non potendo influire sugli eventi, è vitale concentrarsi su noi stessi e sulle reti di reciprocità affettiva e cooperativa.
Sottraiamoci a chi, dopo le Guerre Mondiali, vorrebbe un Mondo Guerriero.