Il nemico dietro la maschera

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Mi chiamo Caterina e sono una docente di religione a Milano.

Ho imparato da piccolissima, malgrado me, cosa significhi “stare eternamente dall’altra parte della barricata” ed “andare in direzione ostinata e contraria”. Come il profeta Geremia, mio prezioso compagno di viaggio, non mi sono mai sentita particolarmente predisposta alla lotta, al contrario, ma è così precisamente che è andata, chissà poi voluto da Chi.

Avevo tre anni quando i miei hanno deciso di lasciare il sud Italia per raggiungere il nord come tanti altri conterranei, ed è in quel preciso momento che ho cessato di essere Caterina per diventare “la meridionale” per gli amici, la “terrona” per i nemici. Come quel professore di latino e greco al liceo che, mentre una compagna di classe armeggiava per copiare la mia versione chiedendomi di “passare” senza che io nemmeno me ne accorgessi, mi piombò addosso per urlare davanti a tutti che ero una “scorretta ed imbrogliona” come tutti i napoletani, ma che “con lui proprio non ce la potevo fare” visto anche che ero l’unica meridionale (anzi, terrona) in mezzo ad una classe di “settentrionali. Il mio professore era un prete, e già questo avrebbe dovuto mettermi in allarme come una “profezia”. Ma all’epoca, malauguratamente, io non credevo affatto alle profezie essendo giovane e baldanzosa, come tutti i giovani. Quelli erano i miei “nemici” dell’epoca e confesso di non ricordare il volto ed il nome di nessuno di loro. Questo faceva parte della mia personale guerra: considerare “invisibile” il nemico. Ma quando oltre 30 dopo sono tornata nello stesso posto per una supplenza sono stata immediatamente riconosciuta da una ex compagna di classe che è venuta ad abbracciarmi ricordando tutto di me, anche le mie parole insignificanti. Una bella lezione: i miei “confini protettivi” non erano coincisi con quelli di tutta la classe e mentre volontariamente io non vedevo nessuno ero vista da qualcuno, perdendo forse l’occasione di un incontro che non è mai nato.

Continuando brevemente la storia, a 15 anni la mia famiglia è tornata al sud e per tutti ho cominciato ad essere “la piemontese”. Intorno ai vent’anni sono partita di casa per vivere un’esperienza di vita molto particolare in una comunità religiosa francese e per tutti sono diventata “la matta”. Terminato dopo 12 anni in modo terrificante ed estremamente traumatico quel tratto sono tornata indietro e sono diventata “la fallita” e “l’illusa”. Mi sono rimboccata le maniche e a 37 anni ho terminato gli studi in teologia (dopo aver in precedenza buttato a mare quelli giuridici) 15 anni fa sono nuovamente ripartita dal sud per venire a Milano ad insegnare.

Mai zitta, mai accondiscendente e mai comoda. Tre anni fa all’album delle figurine “giocatori dell’altro mondo” ho aggiunto la qualifica di “sospesa per non vaccinazione”. Nello stesso tempo sono stata sfrattata senza pietà dal pensionato “religioso” dove vivevo e costretta ad una situazione surreale. Dopo 3 anni mi ritrovo in causa con il Ministero facendo da “punto di riferimento” per un gruppo di una ventina di docenti milanesi sospesi come me con l’avvocato Sandri ed in contatto con tanti altri docenti sospesi nella stessa situazione in tutta Italia. Una vita partigiana, militante e non certamente comoda dunque. Ma la lezione più bella che ho potuto imparare da tutto questo è che “il nemico” non è sempre quello che crediamo e che vediamo con forma esteriore. E che il fattore più importante di qualsiasi guerra è proprio “l’individuazione del nemico”.

Ho vissuto e lottato fianco a fianco con persone che in seguito si sono rivelate essere le mie peggiori nemiche e soprattutto in questi tempi di covid mi sono invece ritrovata a fraternizzare e piangere reciprocamente sulla spalla di persone dell’altra parte della barricata. Etti Hillesum, giovane ebrea morta nei campi di concentramento diceva che spesso è unicamente un caso dovuto a situazioni concrete imponderabili a dividere concretamente le persone tra vittime e carnefici, perché molte vittime di cui si vedeva attorniata sarebbero state prontissime a diventare peggiori dei loro carnefici se solo la situazione concreta lo avesse permesso loro. Chi conosce la storia d’Israele, a prescindere da quale sia la sua visione politica globale, non può che confermare, se intellettualmente onesta.

Figure come quelle di Bourla o Zelensky suscitano domande prima che indignazione. “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra AGLI UOMINI DI BUONA VOLONTÀ hanno cantato gli angeli a Natale. Non dicono “pace agli ebrei” o “pace a quelli che hanno fede” o “pace a quelli che fanno il bene”, a questa o a quell’altra categoria. No, pace “a chi ha buona volontà”! A chi è pronto ad accogliere la verità nel suo cuore al di là degli schieramenti evidenti.

La vita è una prova di libertà che si svolge ora per ora, e il risultato finale viene dichiarato solo alla fine.

 Il “nemico” è colui che si chiude da sé a questa verità e può militare in qualsiasi esercito, travestendosi da liberale, da uomo di fede, ateo, ricco o povero. E alla fine personalmente ho scoperto di non avere nemici se non coloro che si travestono. Ma la vita è tutta un denudamento, una rivelazione attraverso la realtà in cui ci mostrano solo nella misura in cui siamo disposti a “lasciarci indurre in tentazione” non per nostra volontà. Non giudicare e non sarete giudicati, perché con la stessa misura con cui giudicherete sarete giudicati. Il Vangelo tutto è il dramma del “disvelamento del nemico “.

Gli amici e i nemici trapassano gli schieramenti e le apparenze: ebrei e goim, uomini di potere e non, militari e civili, uomini pii e apparentemente no, sacerdoti, giudici e ladroni, uomini di scienza e gente semplice. Impossibile stabilire confini umani, è tutto un rompete le righe. E alla fine l’unico vero nemico è lì dietro il Cristo crocifisso: la mancanza di verità che prende la forma di un punto di domanda. La verità è un’interrogazione, un tentamen che divide gli uomini in modo trasversale. Una scoperta anche per chi come me è chiamato ad insegnare.

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