I Tetripiazzisti della superstizione

Il termine terrapiattista usato come insulto è senza dubbio un crimine d’odio, bistrattare il contadino ed il manovale non pregni della cultura necessaria riporta indietro la storia umana e le lotte fatte contro la vera discriminazione.

Il genere umano ha ridotto la sua dignità a scopare tutto quello che si muove e ad infilarsi nel culo ciò che vuole, ma giammai ad avere un’opinione contraria a quella decisa dall’alto.

Non si può scioperare perché arreca danno, visitare i malati perché potresti ucciderli, votare chi è inviso ai mercati, scegliere in libertà cosa è meglio per te.

L’odio si divide in buono e cattivo, è buono quando rispetta i dogmi della religione globalista, cattivo in ogni altro caso.

Siamo in territori visti tante altre volte, l’eredità di sangue rimane anche se adesso è diventata quella della finanza e della speculazione; i vassalli, valvassori e valvassini sono i loro tetripiazzisti politici, scienziati o influencer. Si riportano le classi inferiori alla superstizione per farle stare quiete nella paura.

La natura matrigna ci punisce perché non l’abbiamo adorata abbastanza, dobbiamo sacrificare qualcosa o il Dio climatico continuerà a Punirci con malattie e catastrofi, ascoltiamo i sacerdoti globali parlare di paure ancestrali donandogli i frutti migliori ed i nostri stessi corpi, così sta scritto.

 I Tetripiazzisti sono i nuovi sciamani della superstizione.

Gli indemoniati portano malattie e bisogna allontanarli, gli spreconi attirano l’ira di Gaia, sacrificare i bambini è un diritto ed un dovere ormai, ma i superstiziosi uomini primitivi sono sempre gli altri. Il ridicolo è ammantare questa superstizione con il velo della scienza, tanto non esiste che vengano poste domande o dubbi, non sono compatibili con il dubbio scientifico proprio perché debbono rimanere riti arcani per soli iniziati.

Il tempo è stato portato indietro di proposito dalla tecnologia inconfutabile, il monolite nero inverso che regredisce l’umanità facendo avanzare la fede cieca in chi quel monolite lo ha costruito. Il povero terrapiattista si chiede il motivo per il quale dovrebbe credere a chi ha tagliato la gamba della moglie cercando un tumore che non c’era, a chi ha avallato bombardamenti per armi chimiche inesistenti, a chi ti dice che un pianeta è un pianeta ma poi non lo è per poi tornare ad esserlo, a chi ti dice che in tre mesi un farmaco è sicuro perché ci hanno messo tanti soldi, mentre a suo figlio in sedia a rotelle non hanno permesso di sperimentare nulla per provare a farlo correre di nuovo, si chiede come mai si possa fare una pecora intera viva ma non un organo o il sangue per le trasfusioni.

Il primitivo terrapiattista rimane solo e deluso nei dubbi, mentre i fantastici seguaci dei tetripiazzisti nulla si chiedono e nulla vogliono sapere, troppo difficile il pensiero effettivamente, per questo è meglio lasciarlo agli sciamani. Tornati all’età della Pietra insultano chi è nel medioevo e segue dettami religiosi.

Tutto ciò andrebbe approfondito ma è lampante che i meno adatti a parlare di qualcosa sono i tetripiazzisti e i loro adepti bigotti della scienza che si accetta senza provare a capirla, il reverendo Jones era più onesto e i seguaci meno abbindolati.

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Perazzetti
Perazzetti
1 anno fa

Nel gennaio del 1888 ci furono manifestazioni pro monumento degli studenti romani represse dalla polizia con scontri e arresti. Fu perfino chiusa per qualche tempo l’Università di Roma. Sulla decisione di concedere lo spazio per il monumento in Campo dei Fiori si consumò addirittura una crisi e un ribaltamento di maggioranza del Consiglio comunale di Roma. Nel maggio del 1888 era stata presa la decisione di negare lo spazio, sostenuta da una mozione del partito conservatore sostanzialmente clericale, l’Unione romana, che aveva la maggioranza. Ma si era già in campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio. La questione del monumento fu decisiva perché i liberali ottenessero una netta vittoria nelle elezioni del giugno. La gente dunque voleva in maggioranza questo segno di liberazione dal dominio ecclesiastico. Nel dicembre il nuovo Consiglio comunale a maggioranza liberale concesse Campo dei Fiori. Anche il capo del governo, Crispi, sostenne l’iniziativa.Il 9 giugno 1889, quando il monumento fu inaugurato con la partecipazione di una grande folla, cinquemila persone per i giornali cattolici, ventimila per i promotori, Leone XIII, il papa della Rerum novarum e della svolta sociale, rinunciando a lasciare Roma, come in realtà aveva minacciato, rimase tutto il giorno in digiuno e in raccoglimento davanti alla statua di S. Pietro, quasi a proteggerla di fronte agli attacchi dell’ateismo eretto a simbolo. Quindi il 30 giugno pronunciò una solenne allocuzione di condanna e di protesta per l’oltraggio subito in cui vedeva come condensata la «lotta a oltranza contro la religione cattolica» da parte di un mondo moderno ostile alla Chiesa e a Dio e invitava la cattolicità internazionale a stringersi intorno alla cattedra di Pietro. Quanto a Bruno, l’allocuzione papale confermava in pieno la giustezza della condanna e del rogo: «non possedeva un sapere scientifico rilevante» mentre aveva avuto «stravaganze di debolezza e corruzione»; era decisamente eretico ma soprattutto una nullità storica. Finché, nel mondo cattolico si giunge, negli anni quaranta, allo scoop di monsignor Angelo Mercati, bibliotecario della Biblioteca Vaticana, il quale il 15 novembre 1940 «ritrova» un importante documento che era sparito e cioè il Sommario ufficiale delle accuse rivolte a Bruno dal Tribunale del Sant’Uffizio. Lo rinviene nell’archivio personale di Pio IX. Lì era stato nascosto da mani ignote che lo avevano trafugato dall’Archivio Segreto Vaticano. Mercati pubblica il Sommario del processo di Giordano Bruno con l’intento di dimostrare che le accuse rivolte dal Tribunale dell’Inquisizione non erano affatto di carattere scientifico ma quasi esclusivamente teologico e morale e quindi pienamente legittime. «La Chiesa», scrive il Mercati in polemica con gli studiosi laici e in particolare con Gentile, «poteva, doveva intervenire e intervenne; i documenti 
del processo dimostrano la legalità di esso e l’onestà con cui venne condotto. Che se c’è da registrare una condanna, la ragione di essa va cercata non nei giudici, ma nell’imputato.» La richiesta di perdono in occasione del Giubileo 2000 è un cambiamento importante dell’atteggiamento del potere ecclesiastico. Non smentisce però il Mercati. Riguarda infatti quasi solo gli eccessi della repressione. Il processo e la condanna furono legittimi, peccaminosi e bisognosi di perdono furono gli aspetti di violenza: le detenzioni, le torture, il rogo.
La fabbrica dell’obbedienza
Ermanno Rea

lo
ciao
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