Circondati da gregari del sistema, consci, inconsci o mascherati, la sola strada possibile da percorrere è l’elitismo: diventa una necessità formare comunità, giocoforza ristrette, al fine di poter condividere e ragionare solo con coloro che davvero hanno compreso il momento storico in cui siamo immersi, abbandonando al loro destino tutti quelli che sono persi, senza possibilità di salvarsi, nella realtà fantasma perché costoro non sono minimamente in grado di apportare alcun contributo significativo.

È tempo di chiusura, non di apertura.

Non c’è nessuna prateria da conquistare ma solo una massa in decomposizione che segue beceramente e acriticamente il sistema, lo segue anche quando è convinta di essere contro, lo segue anche quando contribuisce a tracciarne e farne risaltare ogni insulso passo, amplificandolo anche solo commentandolo, dedicandogli, in tal modo, spazi di riflessione che lo aiutano a perpetrarsi. Costoro, malgrado lo facciano a loro insaputa, lavorano, di conseguenza, per il sistema e sono perciostesso inutili e, dunque dannosi.

Non è più tempo di spiegazioni, coloro che non hanno ancora capito cosa sta accadendo e come, sono destinati all’oblio.

Durante gli anni “pandemici” abbiamo assistito già al deludente fenomeno di nani che sono stati osannati in guisa di giganti, a guitti che venivano seguiti al pari di guru, a ballerine di seconda fila che facevano proseliti semplicemente rimasticando l’ovvio, a tribuni della plebe che arringavano folle facendo leva sulla “pancia”. Questa genia di ciarlatani non può in alcun modo costituire un punto di riferimento né, tantomeno, può essere trattata come un interlocutore, siamo su due piani troppo distanti perché possa esservi una qualsivoglia comunicazione.

Ormai la situazione è assolutamente chiara, non c’è più margine di incomprensione, i feticci sono stati svelati nella loro inutilità, l’inservibilità di certi archetipi ideologici non può più essere messa in dubbio, la banalità di certe argomentazioni è evidente, lo spessore millimetrico di alcuni personaggi da operetta, prestati per caso alla politica, è eclatante come il nulla che esprimono. In siffatte condizioni, l’elitismo è un dovere.

Lasciare ala loro insipienza coloro che cercano solo un posto al sole, lasciare indietro chi si pasce di rabbia e impotenza, abbandonare al proprio destino chi ciancia ancora di lotta di classe o treni che arrivavano in orario.

La temperie che stiamo vivendo impone serietà ed una forte disciplina, impone di essere strutturati caratterialmente per non indulgere ad atteggiamenti vittimistici né a moti di pacchiano orgoglio, non concedere alcuno spazio alla realtà fantasma, non assecondare in alcun modo il nemico, non lasciarsi andare alle misere reazioni ma calibrare ogni passo avendo ben chiaro dove si vuole andare.

Ancora, taluni, parlano di unità del dissenso, rispolverando slogan obsoleti e malconci, per far leva su idiozie assurte a fini praticabili, nessuna riflessione, nessun pensiero, solo becera prassi movimentista, niente di interessante, solo una prolissa ripetizione di vecchi mantra, significanti ormai totalmente privi di significato sui quali questi sprovveduti erigono paradigmi: “pace”, “uscita dall’euro”, “costituzione”, “uscita dalla NATO”, “Keynesismo”, “ordoliberismo”, “neoliberismo”, “forze rivoluzionarie”, “elettoralismo”, “bipolarismo”, “economicismo”, “popolo”…la lista del grottesco starnazzare, in mancanza di visione del mondo, sarebbe infinita.

L’ideologia non è morta, sono solo diventati inutili i vecchi paradigmi, ma i ciarlatani antisistema faticano a formulare teorie che assurgano ad ideologia, così preferiscono ripetere, ad libitum, vecchie formulette, asfittiche ed insensate, nella convinzione, o speranza, di poter ipnotizzare chi ancora li segue ed incanalarlo in un movimentismo senza soluzione, destinato a schiantarsi continuamente contro la testa dura dei fatti.

Stessa sorte è destinata a quanti continuano a costruirsi un’identità virtuale, convinti che il vomitare rabbia repressa sui social sia un modo per esprimere il loro pensiero ma rifiutando la partecipazione attiva.

Un’ultima annotazione riguarda i troppi loschi figuri ancora accondiscendenti verso i partiti apertamente sistemici i quali, per tenersi a galla, giocano all’antisistemico in modo da accaparrarsi proselitismo e i voti di una marmaglia che, avendo rinunciato all’essere autonoma, ha bisogno di appartenenza ad un gruppo di potere magari per accrescere, fittiziamente, il proprio “prestigio” personale, traducibile in emolumenti e visibilità o semplicemente per bisogno di sentirsi parte di qualcosa, siano pure le fila del nemico. Che dire di costoro? Nulla. Hanno scelto la via più facile per assolvere alla loro inutilità, resterà ai posteri solo la mancanza di coraggio nell’essere almeno coerenti con quanto scrivono e la loro infingarda dote di collaborazionisti.

Il problema vero e cogente che più salta agli occhi, leggendo una serie di interventi, è la mancanza totale di analisi, l’assenza di comprensione della realtà e, conseguentemente, la carenza di visione del mondo: impastoiati nella vacuità della cronaca stilata giornalmente dal sistema, fermi ad una concezione amministrativa della politica, non c’è spazio per una comprensione profonda e per un’adeguata esposizione del Politico.

Tutto è ridotto a sgradevole retorica da ultras in cui il pensiero esce svilito, miseramente compiuto in un vuoto che lo avviluppa tenendolo prigioniero nel hic et nunc e privandolo, quindi, di ogni qualsiasi prospettiva.    

L’elitismo è, di conseguenza, l’unica via percorribile: lungi dall’essere settarismo, è la piena consapevolezza della necessità di lasciare una traccia di sé come unica e sola prassi possibile, ed il fatto di essere costantemente copiati e citati, beninteso senza menzionare la fonte, è solo un’ennesima prova dell’importanza di avere una visione chiara, di essere precursori e non gregari.         

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