La parola e il suo doppio – Come ho imparato a costruire un’emergenza e a vivere felice

Viviamo tempi grotteschi e deprimenti: l’arrivo di una specie di pestilenza polmonare anche grave e consistente ha cozzato contro una classe dirigente planetaria (sia politica che intellettuale) del tutto inadeguata, poiché espressione di poteri altri, e del tutto scollata dalle normali dinamiche democratiche. Da una parte una vera e forte emergenza sanitaria, con morti e strutture sanitarie non in grado di far fronte alle necessità quotidiane, dall’altra un gruppo di lacchè, tutto orientato (sia in Italia che altrove) ad utilizzare tale crisi per rafforzare la propria posizione di preminenza e perpetuarla.

In questo gioco al massacro, i MSM (MainStream Media) hanno fatto la loro parte: ancora abbiamo nelle orecchie Napoleone quando diceva “Temo i giornali più di centomila baionette” e chi diceva che la stampa deve essere il cane da guardia del potere… Ebbene, l’avvento del Covid ha scoperchiato un calderone putrescente di conformismo e inettitudine mai visti prima nella storia dell’informazione. Se pensiamo all’epidemia di colera a Napoli nel ’73, o all’avvento dell’AIDS nei primi anni ’80 noteremo che, pur tenendo fermi i rischi e la giusta paura dovuti alle malattie sopradette, l’approccio sia della politica che dell’informazione era quello del tranquillizzare la popolazione, affinché non si desse la stura all’isteria collettiva, o peggio ancora non si smaniasse nel panico.

In questo 2020 di politici e giornalisti ludopatici coi soldi nostri, invece, si ha questa costante spinta a fomentare il panico, a terrorizzare la popolazione, alla canzone monocorde del terrore. Pare, in ultima analisi, che ci sia una sorta di sadico spingere la narrazione verso il concimare il disagio collettivo, per non si sa bene quale fine (ma qualche ipotesi si può fare, e la faremo poco sotto).

La cittadinanza è bombardata di informazioni catastrofiste, sempre parziali (il gioco non potrebbe reggere, altrimenti), come il numero di contagiati SENZA il numero di tamponi, entrambi i numeri SENZA i dati di primavera, il raffronto tra i dati SENZA il numero di ricoverati, TI e decessi. Per chi non ha una struttura di pensiero ameboide è assolutamente ovvio che tale modalità d’informazione trova un suo senso solo nella stupidità o nella malafede, ed è un peccato per me che scrivo poiché avrei voluto tanto fare un pistolotto ipercolto sull’epistemologia e sulla critica del linguaggio, e sulle “notizie” come hypomneseos pharmakon (aiuto alla memoria). Invece qui siamo nel campo del dilettantismo e della cialtroneria, al punto che persino io non sono più capace di discernere tra il sincero terrore del legislatore, con tutto ciò che si riverbera nel narrato dei media filogovernativi, e gli scopi reconditi (qualche ipotesi: assicurarsi qualche rivolo del MES per felicitare qualche manutengolo, impedire un dibattito civile, fare riforme sanitarie che ancor di più demoliscano il SSN in favore degli amichetti massoni e mafiosi delle amministrazioni territoriali, e che Dio stramaledica la riforma del Titolo V della Costituzione e chi l’ha pensata…).

Ma, per citare Kripke e i suoi Disegnatori rigidi, ossia quelle forme linguistiche univoche, la realtà non può avere molteplici forme, bensì molteplici interpretazioni. Il fatto che l’incultura e il dilettantismo ignorante e borioso comandino non ci deve scoraggiare come persone nel mondo (lo spirito a cui fa riferimento Herder). La parola ha un suo doppio, e sta a noi far fronte a questa dicotomia sfruttando le fonti di informazione e facendo la nostra parte nel crearle, ragionando e condividendo il materiale a cui abbiamo accesso.

Il cittadino pensante ha un compito, chiaro e netto: dev’essere pronto a giocare la partita del sofisma manipolatorio con le sue stesse armi. Sappiamo tutti che la statistica ha le caratteristiche della sacca scrotale, e che tirandola di qua e di là si possono ottenere i risultati che più ci aggradano. Sappiamo tutti che si può fare una selezione dei dati, anche corretti, in modo che confermino il nostro o “loro” teorema (quello che qualche parvenu amante degli anglismi chiama “cherry-picking” orrenda locuzione di stampo agricolo).

Per questo, senza timori, e senza preoccupazione, dovremo essere preparati al furbetto che, quando gli fai notare che i contagi sono in netto calo, ti risponderà “evidentemente la politica ha fatto bene a imporre misure draconiane, hanno funzionato”. Non lo dovremo menare: dovremo accompagnarlo con il metodo maieutico nella foresta del ragionamento autonomo, nel paradiso della testa cablata in rete neurale, facendogli notare le incongruenze del ragionamento, la contraddittorietà delle misure imposte, l’insensatezza degli aperitivi part-time. L’assoluta insipienza del levare la scuola o il calcetto a bambini di otto anni (quando TUTTE le tabelle, persino cinesi, informano che la letalità sotto i 35 anni è zero).

Ovvio, tutto questo prevede una grande pazienza, ed enorme empatia. A nessuno si può chiedere di essere buoni, e io per primo ho fama di Mr. ZeroPazienza. Ma è evidente che un cambio di passo intellettuale e formale sia necessario. Non è concepibile lasciarsi guidare dalla debolezza, quando in gioco ci sono le nostre libertà di cittadini, le nostre conquiste democratiche, i nostri diritti.

In gioco c’è la nostra VITA. Tra gli altri, con gli altri, per gli altri. Altro che distanziamento…

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