Covid-19: punto di catastrofe tra globalismo e società cellulare.

(tratto da Critica Scientifica)
Per quasi due secoli siamo stati abituati a pensare che il motore dell’evoluzione e della stessa biologia fossero la competizione e la selezione naturale, allo stesso modo si è ritenuto che funzionassero la società e l’economia.

In osservanza a questo principio ogni barriera alla libera circolazione di persone, merci e capitali è stata trattata come un ostacolo alle leggi di natura, ogni intervento dello Stato condannato in quanto perturbatore della selezione naturale, quel meccanismo individuato come la via per il migliore dei mondi possibili.

Il collasso della globalizzazione?

Negare l’assistenza sanitaria ai poveri, predicava il pastore Malthus, mercificare ogni cosa e mettere tutto in competizione senza barriere artificiali di qualsiasi tipo, questo ha imposto il sistema liberista globalizzato conquistando sempre più terreno nell’Occidente e diffondendosi da lì nel mondo intero.

Ma… nelle storie c’è quasi sempre un ma.
E questo ma, che ha le dimensioni ultramicroscopiche di circa un centinaio di nanometri (miliardesimi di metro), è in grado di porre in stato di crisi quel sistema operante su dimensioni di 40.000 Km di circonferenza che va sotto il nome di globalizzazione.

È l’apoteosi della teoria del caos che veniva in genere spiegata con il noto effetto farfalla di Edward Lorenz il quale si domandava: Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?“.

Come spesso accade la realtà supera la fantasia e fornisce oggi un quesito molto più significativo che diventa: può un virus di 100 nm far collassare la globalizzazione?

La risposta a questa domanda è sì, il che non vuol dire però che andrà necessariamente così, in poche parole è possibile che ciò avvenga ma non è una conseguenza inevitabile. Del resto parlando di sistemi complessi nulla è prevedibile con certezza, la loro caratteristica è invece la possibilità che improvvisamente qualcosa cambi oltre ogni aspettativa.

Sfruttare le crisi

Giocando su questo punto però è anche possibile pensare di sfruttare le instabilità per orientare dei cambiamenti in senso desiderabile, come insegna anche Milton Friedman le situazioni di crisi rappresentano lo spartiacque tra un prima e un dopo, per questo motivo si potrebbe pensare di indurre o cavalcare una crisi come strategia percorribile per ottenere dei cambiamenti radicali.

La crisi indotta da una pandemia era quella che il buon (si fa per dire) Jacques Attali auspicava nel 2009 su l’Express per portare all’instaurazione di un governo globale:

La storia ci insegna che l’umanità evolve significativamente soltanto quando ha realmente paura: allora essa inizialmente sviluppa meccanismi di difesa; a volte intollerabili (dei capri espiatori e dei totalitarismi); a volte inutili (della distrazione); a volte efficaci (delle terapeutiche, che allontanano se necessario tutti i principi morali precedenti).
Poi, una volta passata la crisi, trasforma questi meccanismi per renderli compatibili con la libertà individuale ed iscriverli in una politica di salute democratica.

La pandemia che sta iniziando potrebbe far scatenare una di queste paure strutturanti, provocherà meglio di qualsiasi discorso umanitario o ecologico, la presa di coscienza della necessità di un altruismo, quanto meno interessato.

E, anche se, come bisogna ovviamente sperare, questa crisi non sarà molto grave, non bisogna dimenticare, come per la crisi economica, di impararne la lezione, affinché prima della prossima crisi – inevitabile – si mettano in atto meccanismi di prevenzione e di controllo, come anche processi logistici di un’equa distribuzione di medicine e di vaccini.

Si dovrà per questo, organizzare: una polizia mondiale, un sistema mondiale di stoccaggio (delle risorse) e quindi una fiscalità mondiale. Si arriverebbe allora, molto più rapidamente di quanto avrebbe permesso la sola ragione economica, a mettere le basi di un vero governo mondiale.

Ma se si vogliono usare le crisi bisogna leggere bene le avvertenze per l’uso, secondo la “Teoria delle catastrofi”, proposta negli anni ’70 dal matematico francese René Thom, una crisi in un sistema complesso può sfociare in differenti epiloghi anche variando di pochissimo le condizioni iniziali, per questo motivo nella situazione attuale la spinta verso una definitiva globalizzazione auspicata da Attali è tutt’altro che scontata.

Uno degli aspetti interessanti della teoria di Thom è che si occupa di analizzare le conseguenze a prescindere dagli aspetti intenzionali o meno dei fenomeni, non ci interessa quindi in questa sede fare un’analisi dell’origine dell’epidemia, essa può avere avuto un’origine spontanea, facilitata o voluta, questo dal nostro punto di vista non è rilevante.

Schema di catastrofe

Uno schema di ‘catastrofe’ particolarmente esplicativo è quello detto a cuspide che qui riporto nel caso del passaggio liquido-gas, stati ai quali potremmo sostituire multipolare-globalizzato.

I valori che spingono verso lo stato multipolare-gobalizzato sono da una parte quelli di chi sostiene che l’emergenza è sorta perché non c’è ancora abbastanza globalizzazione e dall’altra quelli di chi invece sostiene al contrario che essa è nata perché sono state indebolite le barriere naturali che proteggevano dalle crisi sistemiche, per cui solo una società multipolare di tipo “cellulare” può funzionare.

Restando al grafico della teoria delle catastrofi, in questo momento possiamo collocarci in uno stato indicato dalla freccia nera in cui è presente un’instabilità tra la globalizzazione (gas) e la condizione multipolare (liquido), una crisi è ciò che può far variare le condizioni quel tanto che basta a spingere in una direzione o nell’altra l’intero sistema.

Probabilmente Attali aveva pensato che la pandemia sarebbe intervenuta in un punto favorevole alla catastrofe globalizzante e senza possibilità di successo per le spinte che vi si oppongono, di fatto però è capitata in una zona metastabile/i> molto più imprevedibile e questo rischia di capovolgere l’esito della situazione di crisi da lui auspicata nel 2009, quando la globalizzazione sembrava procedere incontrastata.

L’evoluzione del sistema risulta a questo punto estremamente incerta, dal punto di vista tecnico entrambe gli sbocchi, globalizzazione compiuta o mondo multipolare-cellulare, conducono in una zona di stabilità.

Qualunque sia l’esito, una volta entrati nell’una o nell’altra situazione ci vorrà quantomeno molto tempo per tentare di sospingere il sistema in direzione opposta.

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