(Orbettini, talpe e micetti fino ai tre mesi)
Il momento storico che stiamo vivendo ha decretato il trionfo della sineddoche, siamo nell’era delle istanze prepolitiche che cercano, con ogni mezzo, di decretare la loro supremazia sul politico: tante piccole parti che non riescono a diventare un puzzle perché incapaci di comprendere il tutto.
Lo abbiamo visto chiaramente durante questi due anni di trionfo di guru, che fossero medici o avvocati, pronti a sciorinare nelle piazze le loro competenze, affabulando le masse e contribuendo, con i loro sproloqui, a consolidare l’idea che la questione fosse davvero sanitaria, mostrando assenza di acume politico e seguendo, pedissequamente, la narrazione dominante che, con questo spauracchio, ha distrutto il tessuto sociale ed economico di questo paese.
Pochi gli oratori che hanno cercato di fare aprire gli occhi sul vero problema, quello che soggiace a tutte le emergenze che si sono alternate; quei pochi sono stati coloro che hanno avuto la capacità di non entrare nel terreno scientocratico creato ad hoc ed hanno sempre cercato di affrontare la questione dal solo punto di vista possibile: quello politico. Ma, del resto, è pur vero che una società sottomessa al concetto di medicalizzazione sia alla ricerca di una facile formula che, magicamente, risolva ogni problema e ci salvi dal male…
La sciatteria e la superficialità di certe argomentazioni, l’estrema semplificazione di questioni complesse, la banalizzazione rancorosa urlata per strappare qualche facile applauso dalla pancia delle persone, sicuramente più facile da raggiungere rispetto al pensiero, ha fatto perdere credibilità a qualsiasi ragionamento: c’è poco da fare, i circenses, anche in assenza di panem, vincono sempre. Del resto anni di addestramento al non pensiero hanno fatto il loro dovere, non è la politica ad essersi allontanata dalla gente, come hanno cercato di far credere gli scappati di casa grillini, è la gente ad essersi allontanata dal politico perché ciò implica responsabilità, lavoro, condivisione, studio, mettersi in discussione, superare nostalgie e pregiudizi ideologici, quando ci sono, non solo a parole.
Meglio affidarsi a chi promette l’Eldorado che iniziare a percorrere un camino lungo ed estremamente incerto che, di sicuro non porterà ad ottenere la panacea tanto agognata né una fantomatica libertà che non si capisce bene cosa sia perché, svuotata da qualsiasi contenuto, resta un vuoto slogan, urlato solo per soddisfare un facile basico impulso.
Il lavoro politico è fatto di collaborazione e condivisione, di accese discussioni, di scontro di idee e tra diversi, e spesso opposti, punti di vista, chi vive nel mondo di Haidi e sogna armonia e belanti caprette, dovrebbe starne lontano. Così come dovrebbero starne lontane le starlette, le prime donne e gli egocentrici narcisisti che, solitamente, sanno solo essere divisivi, incapaci come sono di lavorare con persone che potrebbero rivelarsi più capaci di quanto la loro psicopatologia li porti a credere.
Occorre annotare che la volontà di impotenza insita in questa ridicola era dell’assenza di pensiero forte rende giustizia solo ai pavidi che, con la loro sciocca superbia, vomitano tracotanti giudizi su chiunque si discosti dal loro fragile pregiudizio a cui vorrebbero dare dignità di pensiero.
In assenza di quegli strumenti interpretativi che permettono la comprensione della realtà, oltre le mille allucinazioni che il pensiero dominante ci pone davanti, il mediocre affabulatore non può far altro che distruggere, al pari del sistema, tutto ciò che, ai suoi miseri occhi, appare come impuro, ergendosi a giudice supremo, pronto a sentenziare dall’alto della sua pochezza intellettuale.
C’è solo una strada da percorrere per ricondurre l’uomo alla sua dimensione comunitaria e, di conseguenza, politica: ammettere la complessità le sfaccettature, valorizzare le differenze, far tesoro dei diversi percorsi ideologici ma, allo stesso tempo, rifiutare la fusione che è esattamente l’inverso della condivisione, del mettere in comune.
Quando percorsi differenti si incontrano ne nasce una proficua collaborazione che risulta arricchente per entrambe le parti, non sono interessanti gli eventuali errori fatti, è invece fondamentale il trovarsi. Lasciamo volentieri ad altri, migliori di noi, gli esercizi di purismo in mancanza di pensiero ed azione, il solipsismo e la virtualità non ci appartengono.
L’attuale galassia politica è composta da una classe amministrativa totalmente sistemica, con buona pace degli illusi, che agisce nell’alveo del vincolo esterno, determinato e voluto dall’anglosfera, come un unico blocco in cui non esiste alcun bipolarismo reale e, di conseguenza, nessuna vera opposizione: al di là di piccoli discostamenti, assistiamo ad un indirizzo politico di sostanziale continuità. Dall’altra parte c’è un conglomerato “antisistema” che, però, da l’idea di agire e cogitare in mancanza totale di una bussola: manca il fine, lo scopo ma mancano altresì strumenti interpretativi e visione d’insieme.
Tutti si concentrano sugli epifenomeni che emergono sotto forma di false emergenze, su questi basano la loro teoria e, di conseguenza, l’azione: pandemia, rincari, guerra, governo… Argomenti facili da trattare, facili da vedere perché è il sistema che ce li presenta, e che attraverso i media li rende eclatanti; in tal senso, chi se ne occupa e chi si mobilita per questo, partecipa al sistema stesso, non lo denuncia, lo segue pedissequamente prendendo parte al teatro della politica e svolgendo un ruolo di falsa opposizione estraparlamentare. Così facendo, allo stesso tempo, contribuisce alla moltiplicazione dell’illusione e dell’errore perché crea false aspettative, tali problematiche danno la percezione di poter essere risolte tramite ricettine consolidate: uscita dalla NATO, uscita dall’Europa, abolizione del lasciapassare verde, diminuzione delle bollette… Illusioni di soluzione che si aggiungono alla percezione che questi siano reali tematiche e non, appunto, epifenomeni, per quanto cogenti.
Tuttavia, c’è un però grande come una casa: queste tematiche sono solo scosse superficiali di qualcosa che ribolle sotto e che è molto più preoccupante: impoverimento generalizzato, riduzione dei mezzi di sussistenza, imbarbarimento sociale e culturale, azzeramento dell’educazione, medicalizzazione generalizzata, scomparsa di valori e di strutture etiche, dilagare di teorie che annientano l’essere umano, teoria gender, pedofilia, transumanesimo, isolamento, aumento delle malattie psichiatriche… distruzione totale del mondo così come lo abbiamo conosciuto.
Perché solo pochi si occupano di queste tematiche e tutti si occupano degli epifenomeni? La risposta è piuttosto scontata: perché è più facile, più semplice, più comodo. Permette di seguire il programma delle élite, già sdoganato e predisposto da loro. Semplice e rapido. Si va di pancia e via, nessuna riflessione, nessuna scossa, si mette il pilota automatico e si ripetono concetti talmente abusati da avere un sapore stantio, questo spiega in larga parte lo scemare della partecipazione alle diverse manifestazioni e prova la veridicità dell’affermazione di Costanzo Preve «Questa è la prima epoca storica in cui gli intellettuali sono più stupidi della gente comune».
La punta dell’iceberg è pericolosa, certo, ma mai quanto la parte sommersa e, agendo come agisce la quasi totalità dei movimenti antisistema, si farà la fine del Titanic: quei pochi che ancora si mobilitano si schianteranno, snervati e stanchi… «La storia ci racconta come finì la corsa, la macchina deviata lungo una linea morta…».
Chi vuol percorrere la strada pensando che siano i cento metri e cercando facili ricette, si accomodi, ma lo faccia sapendo che il suo agire è totalmente sistemico e funzionale.
Gli altri sono coloro che da tempo si sono resi conto della profondità di quanto soggiace alla narrazione dominante.
D’altra parte, coloro che, al contrario dei ciechi, non si sono accontentati di esaminare il mondo fantasma creato ad hoc, che hanno deciso di non interessarsi ai fattoidi e che non accettano né la trivialità, né le facili banalizzazioni, sanno che il camino è lungo e disseminato di sempre nuovi ostacoli, e che può essere intrapreso solo creando una rete stabile di collaborazione e condivisione del pensiero, una rete larga che vada oltre gli steccati ideologici creati per moltiplicare le divisioni: per seguire questo tortuoso percorso occorre liberarsi di pregiudizi, nostalgie, falsa purezza, egocentrismo e simili fardelli, guardare oltre il proprio ristretto orizzonte, tenersi care le proprie radici facendo in modo però che queste non costituiscano un ingombro tanto grande da bloccare la strada.
E questa è una delle finalità più difficili da realizzare, seppure costituisca il punto essenziale.
Sormontare tutte le barriere ideologiche e costruire una nuova teoria politica che, finalmente, liberi il pensiero da ingombranti macerie novecentesche, arrivando all’essenza storica, senza fermarsi su inutili preconcetti fenomenologici, gettare a mare i feticci astratti e, di conseguenza inutili, retaggio di una retorica decadente, stantia ed immobilizzante.
Se saremo capaci di fare questo, allora si potrà iniziare a ragionare realmente, in modo costruttivo e duraturo, altrimenti ci si accontenterà di continuare a farsi trasportare da ogni artificiosa corrente che il sistema vorrà creare. È stato fatto fino ad ora, non ha portato a nulla, forse varrebbe a pena di cambiare…
Chi non riconosce i propri errori è destinato a ripeterli; di errori se ne faranno ancora ma, almeno, che siano nuovi e diversi ed occorre fare in modo che la paura non costituisca un ostacolo per intraprendere il cammino.
Buona strada a tutti coloro che vorranno condividere il percorso, buona fortuna a coloro che hanno deciso di schiantarsi contro il muro sul quale si sono già schiantati innumerevoli volte.
Parliamo di cose concrete, se la fenomenologia non è che la punta del problema, cerchiamo qui di individuarlo. Sovrapololazione, da cui carenza di risorse energetiche, da cui impossibile crescita culturale, gestione dell’ambiente e dei territori. Questo a mio avviso è il quadro macro politico da avere come costante punto di riferimento. Anzi, la crescita culturale sarebbe da mettere al primo posto. La consapevolezza che questa tecnologia non risolve alcun problema ne è un conseguente pensiero. Il decadimento culturale deriva dalla pianificazione forzata della gestione dei popoli. Una pianificazione banale e becera che se confrontata con la situazione sociale ottocentesca o delle guerre mondiali si annichilisce per pochezza di vedute e mancanza di fiducia nell’essere umano, infine mancanza di fede nell’Uomo. La fede cristiana ha ancora molto da dire per il suo messaggio rivoluzionario e per la sua continuità con valori naturali tradizionali. La tradizione è la nostra stella, che solo se conosciuta può essere modificata per continuare nel cammino dell’umanità verso la propria consapevolezza.
Te, cara Bartolucci, mi stai proprio simpatica, ho visto anche un tuo video: devo dire che sono molto d’accordo con te su tutto quello che dici e nn mi capita spesso, infatti non ne ho memoria.
Pero mi sai anche di grammar-nazi, tanto per tirare in ballo la lingua dei servi; poi volevo soprattutto chiederti un chiarimento sul discorso del “rimanere attaccati alle proprie radici senza che diventino ingombro per procedere”.
Quella è l’unica frase che non ho compreso appieno, forse mi servirebbe ” un disegnino “.