La macelleria sociale deve avvenire per ricatto¹, ovvero sull’utilità del manifestare

Non ci avventureremo qui in una disanima sociologica, politica o storica della prassi del manifestare, per farlo seriamente occorrerebbe scrivere qualcosa di molto più articolato e complesso, altrimenti si rischia la banalità, se non la sciatteria.

Manifestare deriva dal latino manifestus, composto da manus (mano) e dal suffisso -festus (fendo= colpire), propriamente “colpito con la mano” ma per traslazione ha assunto il significato di esser visibile, più esattamente: “D’evidenza palpabile, esposto agli occhi di tutti” ed è questa accezione, storicamente attestata, a cui dobbiamo rifarci se vogliamo davvero riappropriarci del linguaggio in modo da poterne fare un uso appropriato, epurandolo dal politicamente corretto e da usi manipolatori.

Manifestare, rendere visibile, questo dovrebbe diventare, in un momento come quello che stiamo vivendo, una sorta di imperativo categorico; vorrebbero che i cittadini fossero invisibili, senza legami, chiusi nel virtuale dove non si da fastidio a nessuno, scoordinati, disgregati, divisi; non a caso hanno inventato il distanziamento fisico che hanno definito “sociale”, non a caso hanno vietato gli assembramenti, chiuso le scuole, le università e promosso il lavoro a distanza. Le parole d’ordine sono chiudere, isolare, distanziare.

Allora se si comprende questo concetto semplice, ma fondamentale, si capisce quanto sia importante, proprio in questo momento, manifestarsi, rendersi visibili, non solo e non tanto per ottenere o meno una risposta ad una rivendicazione ma perché è il solo modo che abbiamo per non essere immateriali, incorporei, trasparenti.

Il potere ha sempre temuto le manifestazioni che non fossero di consenso, parafrasando Morris Jones potremmo dire che l’apatia delle masse è funzionale alla “democrazia liberale”, ed è questo che hanno fatto anche molti partiti che, incapaci di guidare il dissenso, e non interessati a farlo, si sono accontentati di contenerlo: è avvenuto con i 5Stelle e la manifestazione al Circo Massimo del 2018, con la Lega, lo stesso anno a Piazza del Popolo o, un anno dopo a Piazza San Giovanni.

Oggi, più che in altri momenti storici, è di fondamentale importanza riappropriarci della Agorà, manifestare non è soltanto utile ma diventa indispensabile, è uno dei pochi modi che abbiamo per opporci, fisicamente e non solo a parole, a questo stato di cose.

Il dissenso esiste e si manifesta, si rende visibile nelle piazze: Roma, Firenze, Napoli, Bologna, Milano, Genova… i corifei del potere, così come altrettanti politicanti asserviti, sentenzieranno che è inutile se non, addirittura, dannoso!

Questo non deve sorprendere, fanno il loro mestiere, che se facessero il loro dovere non ci troveremmo a dover manifestare per diritti fondamentali che si davano per acquisiti.

Certo, manca coordinamento ed unità ma, anni di distruzione sistematica portata avanti scientemente, non potevano che condurre a questo risultato, pensare però che sia inutile è il primo passo verso la vera sconfitta dell’essere umano, affermare l’inutilità del manifestarsi, del rendersi visibili vuol dire affermare che la virtualità ha vinto, vuol dire difendere lo Status quo.

Qui è la linea di confine: ormai non si può più far finta di niente, accampare patetiche scuse o, addirittura lanciare invettive contro chi disobbedisce agli ordini di queta dittatura, ormai conclamata, è bene che, chi è contrario a questo perpetuo stato d’emergenza, che ha fatto, e sta facendo, strame dei fondamentali diritti costituzionali, lo manifesti, si renda visibile e, facendolo, difenda questo diritto, almeno fino a quando non lo toglieranno del tutto. Le parole non bastano a dirsi contrari.

Ci vogliono invisibili, aleatori e dissenzienti virtuali, rendiamoci visibili, manifestandoci.

[1] C. Preve, La carica del rinoceronte, 31/10/2011
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