Consigli di lettura – “L’ultimo uomo” di Enzo Pennetta

“L’uomo deve essere superato…
Il Superuomo, ecco il vero senso della terra. La vostra volontà quindi dica: il Superuomo diventi il senso della terra…
L’uomo è una corda annodata fra l’animale e il Superuomo, una corda tesa sopra un abisso.
Un pericoloso andar dall’altra parte, un pericoloso metà-cammino, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso rabbrividire e star fermi.
Ciò che v’è di grande nell’uomo, è che egli è un ponte e non uno scopo: ciò che si può amare nell’uomo, è che egli è un passaggio e una caduta.”

Friedrich Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”

Questa è la storia di un’illusione e contemporaneamente di una mistificazione, il cui sottotitolo potrebbe essere, parafrasando Max Weber: “Il darwinismo e lo spirito del capitalismo”.

Siamo stati abituati a vedere il darwinismo come una teoria scientifica indiscutibile, e quando qualcosa viene spacciato come indiscutibile e incontestabile, può assumere i tratti di una teologia totalitaria. E proprio questo è quello che cerca di dimostrare Pennetta con “L’ultimo uomo”, cogliendo alcuni nessi storici che hanno condotto alla costruzione di un’ideologia, coperta dall’infallibile marchio della scientificità.

Oggi, per bene che vada, si tende a separare il darwinismo scientifico da quello sociale di Herbert Spencer, ma è esattamente questa distinzione che cerca di mettere in discussione l’autore, tutto ciò a prescindere da quelli che erano gli intenti effettivi dello stesso Charles Darwin.

Quello di Pennetta è un viaggio attraverso la Storia che parte da prima della teoria dell’evoluzione per poi farsi più particolareggiato da Darwin in poi. Il darwinismo, insomma, è soprattutto un pretesto per il rafforzamento dell’egemonia capitalistica negli ultimi due secoli.

Il primo centro di irradiamento ideologico fondamentale da cui partire si verifica in questo particolare snodo temporale, in cui viene assunto l’uso strumentale della teoria darwiniana, unita a quella di Malthus. Strumentalizzazione che è portata avanti, fin dall’inizio, dalla classe dominante per la stabilizzazione del capitalismo e del pensiero economico e sociale che ne era alla base. Il darwinismo nasce infatti nell’Inghilterra vittoriana ed è interamente influenzato dall’ambiente culturale che le ruota attorno.

L’evoluzionismo darwiniano si trova ad essere anche la “giusta” risposta ideologica di stampo materialista, da contrapporre alle tesi di Marx ed Engels, tesi che si stavano “pericolosamente” diffondendo. Sulle prime i due pensatori non se ne resero conto e lo accolsero addirittura con entusiasmo. Fu poi Marx ad accorgersi della mistificazione.

La storia procede sotto forma di un autentico thriller, come giustamente viene fatto notare nella prefazione, ricostruendo un percorso parallelo fatto di elementi che paiono incidentali, ma che incidentali non sono affatto: la nascita della Fabian Society, movimento socialista per molti versi opposto a quello marxista, il malthusianesimo, l’eugenetica e il razzismo di stampo progressista e femminista dei primi del secolo scorso, i loro collegamenti con il mondo dell’esoterismo e addirittura con il Klu Klux Klan.

Ed è seguendo questo percorso che l’autore trae spunto per la sua opera di demistificazione, arrivando fino alla destrutturazione  di alcuni temi ormai avvolti in un’aura di sacralità, quali la retorica sui diritti civili, le finalità di organismi quali l’Unesco, e fenomeni epocali, come la rivoluzione sessuale.

Alcuni concetti del libro possono anche risultare indigeribili, perché un po’ “forti”, ma il ragionamento complessivo non è solo accattivante, è molto acuto e puntuale.

Assai condivisibile è l’intuizione sul concetto di religione laica di stampo totalitario che si tenta di imporre oggi. Culto che si stia sostituendo addirittura alle religioni monoteiste attraverso la banalizzazione e la sussunzione di queste, ma anche attraverso la marginalizzazione, ridicolizzazione e criminalizzazione di ogni idea eretica, per cui, per esempio e per rimanere in tema, o sei darwinista, oppure creazionista, escludendo a priori non solo qualsiasi altra possibilità, ma anche affermando come logica naturale il fatto che l’evoluzionismo o è darwiniano, oppure non è.

Una particolare attenzione meriterebbero, poi, gli ultimi capitoli della prima parte del libro, quelli relativi alla parabola della sinistra in tutte le sue declinazioni (movimentista, alternativista, ecologista, riformista e comunista): dalla volontà di cambiamento sistemico, fino alla mutazione antropologica, che, nonostante la conservazione di certa simbologia (e per dei versi anche in virtù di questa) e un richiamo astratto al materialismo, ha portato a privilegiare come prioritari l’emancipazione individuale e lo scientismo (il “partito radicale di massa a sfondo nichilista”, come profeticamente, lo definì Del Noce). Paradigmi propri della narrazione capitalista, condannandola così alla subalternità al neoliberismo, in un orizzonte in cui sinistra e destra finiscono per coincidere.

La seconda parte, più breve della prima, assume inizialmente più l’aspetto di una cronaca distaccata, e inizia con il raccontare la società liquida in cui siamo finiti, sorretta dai meccanismi complessi, ma al tempo stesso banali propri della globalizzazione, con chiari riferimenti a Bauman.

Prosegue, però poi, con la denuncia delle strategie legate al regime change e alla destabilizzazione di paesi non allineati all’Occidente, con la collaborazione di ong, associazioni governative e organizzazioni “filantropiche”: il soft power, le rivoluzioni colorate (quelle che Noam Chomsky ha definito “una colonizzazione dall’interno”) e infine le guerre per “esportare” democrazia, con l’unica sostanziale, ma contraddittoria opposizione, da parte di ciò che resta dei “corpi solidi” e dall’avanzare del mondo multipolare.

Il postumano, le tecniche di condizionamento e il transumanesimo concludono il saggio, già cronaca dell’oggi e del futuro prossimo venturo. Il messaggio di speranza dovrebbe invece trovarsi in un auspicato rilancio del ruolo della scuola pubblica finalizzata alla trasmissione, preservazione e accrescimento della coscienza critica, come bene supremo e inalienabile, in contrapposizione ad “una visione utilitarista della formazione”, quella dominante, che chiede l’azzeramento di ogni capacità oppositiva, in funzione della legge suprema del mercato.

Insomma, Enzo Pennetta con questo libro ci ricorda, tra le altre, che una cosa sembra essere certa: la religione laica globalista non è ciò che sembra, e cioè lo sforzo per creare un orizzonte nel quale saremo tutti partecipi di un’enorme comune hippie dedita alla pace universale, ma una distopia finalizzata all’esatto contrario, e che il totalitarismo può assumere anche le vesti del libertarismo.

Manca solo un passaggio al completo inversarsi della distopia: l’avvento di un allucinato superuomo, prodotto del passaggio dall’ultimo uomo, l’homo oeconomicus, quello attuale, al transumano, per mezzo anche dell’uso dei farmaci e della techno ingegneria: l’epoca della “Singolarità”. Sta all’umano, allora, risollevarsi e cambiare il corso del destino e della Storia.

Un libro importante.

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