Chi siamo
Frontiere nasce da una esigenza precisa: liberare l’elaborazione teorica dalla condizione di immobilità a cui sembra essere condannata, farla uscire dalla minuscola bolla virtuale, con la presunzione di voler essere un laboratorio di idee, un generatore di nuovi parametri interpretativi.
Cosa succede
La fase che stiamo vivendo impone una piena assunzione di responsabilità nei confronti dell’attuale situazione, non solo nazionale, che presenta forti criticità e peculiari caratteristiche sociali, politiche ed economiche. Così come accadde nel ‘45, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, c’è la necessità di creare un pensiero, che abbia un carattere trans-ideologico e che abbia preso la necessaria distanza storica dalla caratterizzazione bipolare destra/sinistra (non perché le ideologie siano morte ma perché, in questa fase storica, è fondamentale saper distinguere chi sia il vero nemico), e, allo stesso tempo, costruire un laboratorio di idee che sappia creare degli strumenti di lettura della realtà adeguati e che si proponga di agire avendo come principale finalità la lotta alla mondializzazione.
Il primo passo di questa, che si annuncia come una vera e propria guerra politica, economica, sociale e, soprattutto, culturale è mostrare la tela di ragno che il neoliberalismo ha tessuto, con la complicità e la cooperazione dei poteri e dei governi che con esso hanno collaborato.
Una tela di ragno formata da direttive europee, esterne e senza alcun legame con la reale situazione delle diverse nazioni, che hanno eroso, in modo spesso sottaciuto e surrettizio ma ineluttabile, fino a cancellarla totalmente, la sovranità e, di conseguenza, l’indipendenza politica.
Questi poteri, si sono serviti di differenti strumenti, non solo dei trattati ma anche di governi tecnici, di incomprensibili quanto dannosi diktat economici, di normative, di delibere e, per l’appunto, di direttive: un vincolo esterno che, come un nodo scorsoio, si è stretto intorno alle istituzioni, erodendone il potere decisionale fino ad esautorarle.
Qualsiasi governo ha, di fatto, amministrato senza “governare”, mantenendo inalterati quei poteri che da decenni gestiscono le sorti del paese: istruzione, sanità, economia, Banca d’Italia e tutti i gangli fondamentale dell’apparato sono ancora in mano ai vecchi poteri (neoliberali ed europeisti).
Le contromisure prese dal sistema dominante, per aggiustare il tiro e continuare ad operare il controllo, in seguito alle crisi economiche che si sono succedute, sono solo una parte del percorso neoliberale.
Un’altra parte, più nascosta ma molto più deleteria, è costituita dalla creazione, lunga ed elaborata, di una Weltanschauung che ha portato alla distruzione dell’essere sociale, all’esaltazione della soggettività individuale e, quindi, dei soli diritti individuali come unica forma di rivendicazione praticabile, rispetto ai diritti collettivi sempre più limitati e sviliti.
Progressivamente, a questa costruzione antropologica, si è aggiunta un’altra forma di controllo, già visibile nel programma vaccinale o nel dibattito sul fine vita e che l’epidemia di Covid-19 ha reso evidente, contro ogni ragionevole dubbio: Al vincolo esterno economico e sociale, si è aggiunto, progressivamente e molto rapidamente, il vincolo esterno scientifico e tecnologico.
Scienza e tecnica come nuove teologie: dogmi indiscutibili, incontestabili, infallibili hanno sostituito la sperimentazione ed il dubbio per diventare funzionali alla necessità di controllo assoluto che l’economia non poteva più assolvere pienamente ed efficacemente.
Quale azione per quale scopo, ovvero: che fare?
Partendo dal presupposto che un’elaborazione teorica sia la base per ogni azione che si voglia intraprendere, l’analisi rappresenta le fondamenta di tale elaborazione, ma, se ci fermassimo all’analisi, rischieremmo di confondere il Che fare? con il Cosa succede e questo sarebbe un errore teoretico imperdonabile.
Abbiamo individuato, a tale scopo, alcune prime tematiche di riflessione, da cui iniziare, che ci sembrano essere fondamentali:
- la cultura, intesa anche come percorso formativo dell’essere sociale che non si esaurisce nell’ambito scolastico ma che è studio ed elaborazione teorica;
- la salute, non soltanto nelle diverse accezioni di sanità, ma da intendersi come diritto inalienabile e non contrattabile;
- la comunicazione, come diritto alla libertà di espressione, di pensiero e, quindi di opinione;
- l’immigrazione, come fenomeno sociale e culturale che non può essere lasciato alle opposte banalizzazioni all’interno delle dinamiche neoliberali.
Queste tematiche sono legate tra di loro da un filo, a sua volta composto da diverse fibre interconnesse: la globalizzazione, il vincolo esterno, il controllo e la repressione, il politicamente corretto e l’alienazione. Per trattarle è necessaria una premessa teorica che sgombri il campo da ogni possibile fraintendimento. Un postulato, una sorta di verità apodittica.
Uomo e capitale sono due entità che non possono convivere se non in modo conflittuale, anche in questo caso i paradigmi, dal 1848, sono cambiati: il concetto di capitalismo, così come descritto da Marx, è profondamente mutato, come mutato è il ciclo di accumulazione; se vogliamo leggere la realtà abbiamo bisogno di riferirci ad un capitalismo finanziario mondializzato, che, travalicando le frontiere, ha bisogno di abbatterle affermando la mondializzazione di uomini-merce.
Una delle conseguenze più evidenti di questa metamorfosi del capitalismo, è la trasformazione della lotta di classe, marxianamente intesa, in una serie di conflitti sezionali che però devono essere, necessariamente, affrontatiti e studiati riportandoli alla matrice unica del pensiero neoliberale. Solo se si capiscono questi passaggi è possibile costruire una teoria che, partendo dal problema, arrivi all’individuazione di azioni, appunto, che permettano di raggiungere lo scopo. Qui è l’essenza dell’esigenza di un nuovo Che Fare?
Da questa complessa e coerente visione, da questo progetto di scopo, sono nate diverse iniziative, la prima è Scientocrazia che abbiamo ideato proprio come mezzo per divulgare alcune di queste tematiche e ricondurle, attraverso una quanto più esaustiva trattazione, ad una visione politica generale che ne permetta la comprensione all’interno delle diverse dinamiche interpretative.
La seconda è Convivio che ci permette di approfondire tematiche in forma dialettica e Linea di Frontiere il cui scopo è rendere fruibili, al maggior numero possibile di utenti, riflessioni essenziali che sono una sorta di fondamento teoretico.
Lenin parlava, proprio in Che fare? di quattro periodi della storia, mutatis mutandis, noi possiamo adattare la fine di quel trattato alle esigenze contemporanee per arrivare a capire lo scopo di Frontiere: quando questo periodo verrà sostituito da un nuovo, già annunciato da numerosi indizi? Non sappiamo. Dal campo della storia passiamo qui nel campo del presente e in parte in quello dell’avvenire… auspicando tale cambio e riassumendo in una parola quanto abbiamo scritto, alla domanda: che fare? Possiamo rispondere brevemente: Liquidare questo periodo.